Uno era un discreto corridore di fascia. Tanta grinta e cuore.
Amato dagli allenatori e dai compagni perché in campo non
tradiva mai. Una volta rinunciò persino alla convocazione
con la Nazionale per giocare lo spareggio salvezza con il suo
Piacenza (nel 1997). L’altro lavorava in banca e si divertiva
un mondo a preparare la rivoluzione che poi avrebbe cambiato il
calcio italiano. Vincere divertendo è il loro slogan: solo
che Sarri è tutto già realtà, mentre per Di
Francesco è una promessa.
Napoli-Roma è davvero la sfida che regala i brividi tra due
allenatori che arrivano dalla provincia e un po’ si sono pure
stufati di sentirselo dire. Nella storia del tutti contro Maurizio
una volta pure Di Francesco, ai tempi del Sassuolo, non si
sottrasse: «Abbiamo abbattuto il drone», disse
riferendosi all’abitudine sarriana di allenare la squadra sotto
la visione dall’alto del drone. Eusebio Di Francesco è
un amante del 4-3-3 puro, anche se alla Roma negli ultimi tempo
presenta la variante del 4-2-3-1. Sarri non conosce conversioni al
tridente: il suo gioco è una composizione geometrica di
incroci e sprint, possesso palla funzionale e non estetico, difesa
protetta con il palleggio e non con le barricate. Di Francesco dei
tempi di Sassuolo era molto più sarriano di adesso. Chiaro
che a Roma le tensioni sono ben altre, anche perché
vivacchiare ai limiti della zona Champions non è il massimo
della vita. La Roma ha perso solo una delle ultime 19 trasferte in
serie A: nel parziale per i giallorossi sono 14 vittorie e quattro
pareggi. Inutile dire, che l’unico ko della Roma contro la
Juventus, a dicembre.
Insomma, Sarri sa bene che contro la squadra di Di Fransesco non
potrà giocare al di sotto del limite: anche perché,
ammesso che non se lo ricordi, Sarri non ha mai battuto la Roma in
una gara giocata in casa. Già, un pari ai tempi di Garcia
(1-1) e una sconfitta l’anno scorso nell’era Spalletti
(1-3). E pure all’Empoli, nella stagione d’esordio in serie
A, finì 1-1.
Sarri e Di Francesco sono all’undicesimo scontro diretto. La
prima volta il 21 dicembre 2008. Campionato di Lega Pro Prima
Divisione, girone B: Eusebio alla guida della Virtus Lanciano e
Maurizio sulla panchina del Perugia. Quel pomeriggio i paganti
erano 1165 (domani sono attesi circa 45mila spettatori). Le due
squadre, recitano le cronache, erano schierate con due identici
4-4-2. Vai a capire come è strana la vita dei profeti del
4-3-3. Vinse Sarri per 2-0. Poi Di Francesco qualche sfizio se
l’è tolto, come quando vinse a Empoli per 3-0 alla guida
del Sassuolo con tripletta di Pavoletti (quello che con Sarri non
ha mai giocato). In totale, siamo 4-3 per Sarri. Con 3
pareggi.
Bella trafila, tutti e due: entrambi allenatori quasi per caso. Di
Sarri sappiamo che la panchina all’inizio era un gioco e il
vero lavoro era quello in banca. Di Francesco racconta che se dopo
aver chiuso la carriera da calciatore al Perugia nel 2005 ha
iniziato quella da tecnico è per merito del papà
Arnaldo «che stravedeva talmente tanto per Eusebio, il
campione del Benfica, che mi diede il suo nome». Ecco, anche
Sarri ha un papà, Amerigo, che a un certo punto gli disse di
mandare in malora il posto fisso al Monte dei Paschi e di puntare
al calcio senza esitazioni. «A Monte San Savino portò
il club in C, doveva fare una scelta: o la panchina o la banca e
scelse il cuore. Quando allenava allo Stia, la sua prima squadra,
lavorava a Firenze: la sera prendeva la macchina per il Casentino,
con tanto di salite. Tornava a casa tra le due e le tre, faceva le
salite con la neve… È stato uno scalatore, anche di
classifiche», ha raccontato Amerigo Sarri parlando del
figlio.
From: Il Mattino.