A Giuseppe Borrelli, il magistrato che guida la Direzione Distrettuale Antimafia presso la Procura di Napoli, è stata assegnata dall’emittente Radio Punto Zero una (ironica) laurea honoris causa in Scienze del tifo. Perché si concede un weekend scudetto. Stasera sarà al Meazza per Inter-Juve, probabilmente in compagnia del capo della Procura napoletana Gianni Melillo (interista), e domani si sposterà al Franchi per Fiorentina-Napoli.
Dottor Borrelli, è particolarmente interessato alla super sfida di Milano: il suo è un rito scaramantico?
«Vado in tribuna e incrocio le dita».
Questo weekend può consentire al Napoli, ovviamente con l’aiuto dell’Inter, di balzare in testa alla classifica dopo la presa di Torino.
«Ero là domenica scorsa: un’esperienza coinvolgente perché è stata la partita che ha certificato la maturità tattica del Napoli. E poi quel gol magnifico di Koulibaly. C’è stato qualche secondo di incredulità tra noi tifosi e tra gli stessi giocatori azzurri, quasi non ci rendessimo conto di quello che era successo: soltanto Kalidou ha subito allargato le braccia in segno di gioia».
Si fanno paragoni con il Napoli di trent’anni fa, quello dei due scudetti.
«Io ho cominciato a seguire gli azzurri nelle stagioni in cui l’allenatore era Vinicio: avevo l’abbonamento in curva. E c’ero ai tempi di Maradona. Ma quelli furono gli scudetti di Diego, qui vince l’organizzazione di una squadra e di una società. Nell’87 arrivammo allo scudetto ma si capiva che qualcosa non andava e infatti un anno dopo esplose la rivolta di maggio contro l’allenatore Bianchi. La stragrande maggioranza dei giocatori del Napoli si è inserita in maniera giusta e positiva nel contesto cittadino: il gruppo dà un’idea di salute fisica e morale. E, lo dico da tifoso e non da magistrato, c’è un presidente che non ha rapporti con frange violente del tifo. Escluderei che siano concessi biglietti a questi club organizzati: una porta chiusa perché mai aperta verso chi in passato ha cercato di condizionare fortemente la vita della società».
Sarete circa 5mila domani a Firenze: limitato il numero di biglietti concessi ai tifosi del Napoli per una sfida che può lanciare la squadra al primo posto.
«Una premessa: non conosco i dettagli di questa decisione, quindi posso dare soltanto il parere del tifoso che in questa stagione ha seguito il Napoli molto spesso in Italia e all’estero. Mi sono trovato anche nei settori occupati da tifosi della squadra di casa e ci sono stati sfottò goliardici. Un solo momento di tensione domenica scorsa a Torino, quando alcuni ultrà della Juve hanno tentato di raggiungere la zona dei napoletani. Ecco, io credo che quella sana e corretta contrapposizione possa esservi negli stadi italiani e mi dispiace che una tifoseria che dopo trent’anni lotta per lo scudetto sia rappresentata da poche migliaia di sostenitori a Firenze».
L’altro tema è il futuro di Sarri: resta?
«I segnali mi lasciano pensare di no. Sarri è diventato parte della città. La sua tuta è un po’ il segnale dell’anticonformismo, lui interpreta il lato buono della napoletanità: il disincanto, la lontananza dagli schemi, il disinteresse verso giudizi conformisti, questo è il cosiddetto sarrismo. Ma Sarri non è eterno e credo che quest’anno si chiuda il ciclo cominciato con Benitez cinque anni fa. La squadra andrebbe rinnovata: potrebbe restarvi chi ha caratterizzato profondamente questo ciclo? Ci sarebbe una sola possibilità di vedere ancora Sarri in panchina: se la società, dopo aver vinto lo scudetto, volesse puntare al grande risultato internazionale».
From: Il Mattino.