Le frecce e gli arieti: come cambia l’attacco del Napoli di Ancelotti


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Inviato a Dimaro-Folgarida

Non c’è bisogno mica di sfogliare tomi di estetica,
né di scomodare Hegel, Petronio o Miss Italia per capire che
sei bello quando vinci, anzi bellissimo ma che non puoi continuare
a vincere se non sei anche un po’ piacione. Lì davanti,
il buon Carletto, vuole il perfetto equilibrio tra estetica ed
efficacia. Il che vuol dire, per esempio, che se uno ha tra i piedi
il pallone al limite dell’area non è certo un peccato
capitale calciare in porta. La prima metamorfosi dell’era
Ancelotti passa da questo assunto: meno possesso, più
fantasia.

Siete belli e bravi, la sintesi, non è che dovete muovervi
in mezzo al campo come se mossi dal joystick. E allora ecco che la
mutazione di Insigne là in avanti è costante,
continua. Parte da sinistra, si accentra, conclude, si piazza quasi
al centro mimando i movimenti del falso nove, o arretrando provando
a fare il trequartista. D’altronde, secondo Ancelotti, il
calcio è divertimento. Ma dentro ci vuole parecchia
sostanza. Gli attaccanti, i suoi attaccanti, vengono prima del
gioco. Soprattutto quando sono bravi. E il tecnico di Reggiolo
considera Insigne, Verdi, Milik, Callejon, Ounas, Inglese bravi per
davvero. I tifosi che qui in Val di Sole travolgono d’affetto
questo Napoli hanno preso a cuore un po’ tutti.

From: Il Mattino.

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