Ancelotti non usa mezze misure e ci va giù duro dal palco del Festival dello Sport di Trento. «Nove anni all’estero tra Inghilterra, Francia, Spagna, Germania: stadi nuovi e pieni, ma soprattutto rivalità sportiva. Noi siamo rimasti indietro ancora con gli insulti: non è rivalità, ma maleducazione e ignoranza», dice l’allenatore del Napoli raccogliendo il pieno consenso dai tanti presenti in sala.
GLI INSULTI NEGLI STADI
«A livello tecnico credo che il calcio italiano sia rispettato e competitivo anche se non c’è una grandissima qualità di talenti. Giovani forti stanno venendo fuori, però ho visto una grande differenza ambientale», spiega Ancelotti che condanna con fermezza quanto ancora accade negli stadi italiani dove insulti ed offese contro tifoserie e squadre avversarie sono all’ordine del giorno. Ancora fresco per il tecnico azzurro il bruttissimo ricordo dell’Allianz Stadium, il comportamento becero della curva juventina in occasione del match contro il Napoli del 29 settembre: i cori di discriminazione territoriale contro i napoletani, l’ululato razzista contro Koulibaly, il coro offensivo a livello personale («Un maiale non può allenare»). «Mi hanno dato molto più fastidio i cori contro la città. A quelli contro di me ci sono abituato. Mi consolerò guardando in bacheca la coppa del 2003», disse Ancelotti nel post partita. «Bisogna fare qualcosa. Io a Londra non ho mai preso un solo insulto nonostante le tante rivalità, così come credo Pep a Manchester da tifosi dello United», ha spiegato ieri l’allenatore azzurro. La curva juventina è stata punita dal giudice sportivo con una giornata di stop: la società bianconera ha presentato ricorso respinto dalla Corte sportiva d’appello federale che ha aggravato la sanzione aumentando a due le giornate di chiusura del settore (con sospensione del provvedimento per la seconda partita) e confermando l’ammenda di 10mila euro.
FIDUCIA NEL NAPOLI
Dell’esperienza a Napoli invece gli sta piacendo tutto. «A Napoli c’è una bella famiglia, giocatori giovani e umili ma già con esperienze importanti, un club che ha voglia di crescere, una città bellissima e ci sono tutte le condizioni per fare un bel lavoro», ha ribadito nella domenica di sosta, la seconda dall’inizio della stagione, intervenendo al Festival organizzato a Trento dalla Gazzetta dello Sport. Fiducioso su quello che il Napoli potrà fare in campionato e in Europa, anche se Ancelotti conferma le difficoltà legate al girone di ferro di Champions League. «Napoli outsider? Le italiane finora hanno fatto bene, anche se non sono interessato alle altre. Noi abbiamo un girone durissimo, ben indirizzato dall’ultima vittoria sul Liverpool ma abbiamo un ostacolo durissimo: i due scontri con il Psg saranno indicativi». Guarda in casa sua e elogia quello che è il miglior talento del Napoli, Insigne: lo ha spostato in posizione più centrale e sta tirando fuori il meglio da Lorenzo in fase realizzativa. «Insigne? Ha talento, sta esprimendo le sue qualità, è nella fase di maggiore responsabilità al servizio della squadra. È un passo che può fare e sono sicuro farà». E fa una valutazione in generale sulla Champions e su uno dei giovani talenti al momento più interessanti in Europa. «Il calcio italiano secondo me resta competitivo, la Juve lo sarà ma le valutazioni che si fanno oggi saranno diverse ad aprile. Pure l’anno scorso il Real fece fatica all’inizio e poi ha vinto: vedo una competizione più equilibrata anche perché il Real ha perso un giocatore molto importante. Mbappè è un bel giocatore, veloce ma anche efficace».
IL LEADER CALMO
Ancelotti ha vinto tantissimo in tutt’Europa e la sua filosofia non è mai cambiata: resta un leader calmo, uno che riesce ad usare sempre i modi giusti per fare presa nel gruppo di lavoro. E a Napoli in questi primi tre mesi di lavoro sta facendo le cose di sempre facendosi apprezzare soprattutto per la sua grande umiltà. «Quando qualcuno mi diceva che ero troppo bravo e dovevo usare la frusta ho sempre risposto che se volevano la frusta avevano sbagliato persona. Esprimere il proprio carattere davanti agli altri è l’unico modo per essere credibile», ammette l’allenatore del Napoli che per il suo modo di essere si sta facendo apprezzare moltissimo anche nel gruppo Napoli. «Fa parte del lavoro relazionarsi con tutte le componenti, una cinquantina di persone tutte importanti che fanno parte del gruppo. La mia idea è responsabilizzare e fare stare bene: bisogna tenere tutto sotto controllo, ma anche delegare». Ancelotti ha vinto tanto ed è al top già da un bel po’ nel mondo del calcio: con il Milan la prima Champions da allenatore la vinse nel 2002, ben sedici anni fa. «Il calcio si evolve sempre: ora è tutto molto più organizzato e si vede un gioco più produttivo». Parla dei suoi maestri. «Liedholm, soprattutto nella gestione delle risorse umane. E Sacchi, non solo per quanto ho giocato per lui ma anche per gli anni in cui sono stato suo assistente e ho imparato un metodo per gli allenamenti e per trasferire le idee ai giocatori. Si cominciava a fare la tattica, undici contro zero: cose che sembravano strane ma davano più coinvolgimento».
From: Il Mattino.