Allan è il tenutario del groppo in gola, quello che uscendo
va a prendersi Neymar, Mbappé o Cavani. È l’uomo
che morde, e quello che resiste, il calciatore avanguardia, e
quello che deve arginare, un ossimoro in movimento, nella sera di
Parigi. Battere e levare palloni, in un martirio di respiri e
caviglie, protagonista dell’interruzione e della trasmissione,
una architrave ancelottiana, piazzato nel mezzo, senza mai
aspettare, inesorabilmente lanciato all’attacco, e allora
Allons enfants se non de la Patrie almeno del Psg.
Un poco alla volta, con un brasiliano, uno solo, che non è
mai stato il porta palloni di Neymar (e che forse verrà
convocato per la prima volta dopo anni nella nazionale brasiliana)
che non vale quanto lui, ma che spesso il pallone glielo leva,
provocando turbamento, in campo e fuori, e lo fa anche agli altri
campioni, agli stellati del Parco dei Principi, alla Disneyworld
del pallone. E ci riesce, molto più spesso di quanto Thomas
Tuchel abbia calcolato, per quello che conta, Allan è un
cursore che fa vivere il sogno galeanesco (di Eduardo Galeano) di
calcio, splendori e miserie, appunto, è lo scalcagnato che
strappa il pallone, è il calciatore che scioglie la trama e
prova a ripartire, a uscire in modo umanissimo, a prevalere sullo
spot con lo sport, cioè con la concentrazione e
l’impegno di chi ha poco e deve farselo bastare, disputandosi
tutto o quasi su ogni pallone, che se perde diventa alato tra i
piedi dei campioni.
From: Il Mattino.