Diceva Peppino Marotta, quello vero però, l’originale de L’oro di Napoli, non quello omonimo per parecchi anni di stanza a Torino, che l’unica città in cui un napoletano può vivere contento e felice è Genova perché il mare che la bagna è lo stesso solo un pochino più snob e meno proletario. Ebbene, ieri sera, da lassù, qualcuno deve aver voluto rendere omaggio al celebre elzevirista e scrittore napoletano sennò non si spiega perché, complice un nubifragio improvviso e le non perfette condizioni di drenaggio del campo, dopo aver agevolato il vantaggio dei padroni di casa e una breve sospensione della partita durante la quale Ospina era già andato a mettersi il cappotto per tornare a casa dalla mugliera, Genoa-Napoli è diventata una finale mondiale di pentathlon e il campo dello stadio di Marassi è stato improvvisamente trasformato in una specie di succursale di Mergellina. Da che stavano giocando (male) a pallone, infatti, gli azzurri si sono ritrovati improvvisamente ad affrontare nell’acqua diverse specialità sportive: il nuoto, disciplina in cui hanno mostrato grandissime abilità Allan e Mario Rui, la pallanuoto, in cui ha potuto mettersi in mostra non senza applausi Ospina, la corsa, in cui tutti i record sono stati battuti da Mertens e Hysaj e il tiro a segno in cui ha dato prova di grandissima capacità Fabian Ruiz da ieri giustamente ribattezzato RainMan per via di questa sua sorprendente quanto inaspettata capacità di giocare a pallone e far gol con l’acqua alla gola come se niente fosse. Ok, poi per portare a casa oltre alla pelle pure i tre punti è stato necessario un autogol del Genoa e un controllo interminabile del Var e però alla fine, a furia di nuotare e strisciare nel fango a tipo marines, gli uomini di Ancelotti ci sono riusciti.
From: Il Mattino.