Così il ragazzo col numero dieci ha finalmente brillato. Per
un solo tempo, però. Il primo. Ma non ha segnato, questo
è un bel problema per un attaccante che in 30 partite con la
Nazionale ha segnato appena 4 reti e solo una (con i lillipuziani
del Liechtenstein) in una gara ufficiale (non segna dal 27 marzo
con l’Inghilterra, sette gare senza gol con l’Italia).
Però è una prova schioppettante. E non è solo
una faccenda atletica: c’entrano l’allegria ritrovata e la
leggerezza mentale. Peccato che non duri per tutto il tempo,
però. Ma per 45 minuti quello che fa lo diverte, si vede
chiaramente. Le luci a San Siro le accende sempre e solo lui, nella
gara con il Portogallo dove Mancini disegna un’Italia elastica
sul modello del Napoli, ovvero con Insigne che fa la seconda punta
o parte largo nel tridente, un’Italia un po’ 4-4-2 e un
po’ 4-3-3. Tanto che importa, quando c’è Insigne in
queste condizioni. Poi anche le ombre, nella ripresa, quando il
ritmo cala perché calano i centrocampisti e Insigne
nonostante si dia un gran da fare, indietreggiando anche di venti,
trenta metri non riesce più a brillare con continuità
come nel primo tempo.
Insigne non è l’Italia. E non è neanche il
Napoli. Ma è certo che ogni squadra in cui gioca ha capito
che occorre finalizzare i propri schemi su di lui. Ecco, contro il
Portogallo nessuno ha inciso più di Lorenzo per
maturità e geometria. Non è una notte come
un’altra, non può esserla: c’è voglia di
rivalsa, un anno dopo quell’esclusione con la Svezia che per
tutti è alla base della clamorosa eliminazione. Lorenzo
strappa applausi a quei tifosi che tirano un sospiro di sollievo:
abituati a vederlo sempre con la maglia del Napoli, finalmente
possono godere per le sue gesta. E mostra il suo talento smisurato:
passaggi filtranti per Immobile, un paio di tiri insidiosi, un
vertiginoso tacco a seguire, che era il gesto preferito negli anni
80 da Bruno Giordano, accelerazioni, sprint, tocchi di prima: ecco,
Mancini non pensa affatto di passare nella categoria a cui
appartiene Ventura, ovvero quello degli autolesionisti e dunque
sapendo di avere Insigne in queste condizioni lo lascia fare. E lui
non tradisce: corre, detta i tempi, fa sì che tutti gli
attaccanti pendano dalle sue labbra. Peccato duri solo per un
tempo. Quando poi, Insigne taglia il campo e Barella non riesce a
controllare il traversone, si capisce come con Callejon esista un
feeling che di certo non può crearsi in pochi allenamenti a
Coverciano.
From: Il Mattino.