Ancelotti a Londra ha visto il suo Napoli sgretolarsi tra le mani.
Chiaro, al contrario del dopo-Genoa, stavolta ha capito che non
c’era certo bisogno di usare parole dure e di alzare la voce.
È entrato nello spogliatoio dell’Emirates e ha compreso,
guardando negli occhi la tensione di Insigne e degli altri, che non
era il caso di usare parole al vetriolo. Perché adesso di
tutto c’è bisogno tranne che di rimproveri, sfuriate o
altro. Ovvio che il suo umore è nero, non potrebbe essere
diversamente. «Sono sicuro che il turno lo passeremo noi e
che al San Paolo elimineremo l’Arsenal». Si sforza di
dare di sé l’immagine del leader calmo,
dell’allenatore che non perde mai le staffe. Ma quando scatta
verso il figlio, all’ennesimo errore di Rui, invocando Ghoulam,
lì si capisce che qualcosa nelle sue sicurezze traballa.
Quando qualche tifoso a Londra gli consiglia di andare avanti con
la linea dura, lui non la prende bene: «So io cosa
fare», replica a muso duro. Eppure il cambio di programma, la
scelta di andare da Londra direttamente a Verona, i cinque giorni
consecutivi di ritiro, non sono stati graditi dalla squadra anche
se nessuno lo ha apertamente manifestato. Eppure, in questo
momento, è la cosa più giusta: i campanelli
d’allarme che si sono sentiti negli ultimi tempi sono rimasti
inascoltati. Magari, non sarà un ritiro punitivo ma se serve
per ritrovare l’anima, ben venga.
GLI ALLARMI INASCOLTATI
Empoli e Genoa hanno detto che la squadra, anche sotto il profilo
atletico, ha perso brillantezza. Un po’ tutti hanno creduto, o
meglio, sperato, che fosse solo un calo di concentrazioni in vista
dell’Europa League. I dati dei satellitari magari dicono altro:
ma l’impressione è che non ci sia la gamba di qualche
mese fa. L’idea di aver pienamente centrato l’obiettivo
dell’azienda (piazzamento tra le prime quattro e un buon
cammino europeo) ha forse fatto abbassare la tensione: De
Laurentiis ha spesso detto che questo è solo un anno per
capire chi può far parte del Napoli di Ancelotti e chi no.
Le risposte le aveva già trovate, alla sua maniera, Sarri:
senza Albiol la difesa perde anima e cuore; Hysaj e Rui sono buoni
terzini solo all’interno di una organizzazione scientifica del
gioco; Ounas, Diawara, Verdi (che a gennaio di un anno fa non
accettò proprio perché Sarri per lui aveva previsto
solo panchina) non hanno il passo dei titolari e Insigne preferisce
gli spazi della fascia piuttosto che la posizione più
centrale. L’abiura al 4-3-3 sarriano ha fatto perdere i gol di
Mertens che spesso e volentieri, in campo, non è né
carne né pesce. Come contro l’Arsenal. Se Sarri era un
integralista con gli uomini, Ancelotti non gli è da meno,
perché quasi mai si è smosso dal 4-4-2, con
l’unica variante della enorme libertà degli
attaccanti.
From: Il Mattino.