Bologna-Napoli, el Chucky nel cuore (e nelle urla) di Gattuso


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Dribbla tutti, Lozano, anche la noia dell’infinito possesso napoletano. Fin quando rimane in campo è l’uomo della provvidenza, quello che scarta e va di lato, che si libera e corre col pallone al piede, che si diverte e fa divertire. Gennaro Gattuso lo sa e cerca di lasciarlo fare il più possibile. Il resto è tiki-taka senza frutto. Hirving Lozano è un giocatore diverso, in fiducia, che va annoverato tra le azioni meritorie di Gattuso: prima punito, cacciato, tribunizzato, poi recuperato, schierato titolare e chiamato di continuo perché è da lui che passa l’elettricità della voce del padrone per arrivare al gioco: Gattuso sembra il Silvio Orlando di Palombella rossa di Nanni Moretti, che urlava «Marca Budavári, marca Budavári, marca Budavári», anche se lui urla: «Chucky-Chucky-Chucky», un mantra alla Allen Ginsberg. Deve averci trovato qualcosa di magico, perché negli stadi vuoti risuona questo canto del Chucky. Tanto che quando il calciatore messicano viene travolto e colpito forte alla testa da Danilo (poi ammonito), l’allenatore del Napoli intensifica la chiamata col soprannome, per incitarlo a riprendersi e alzarsi, trasformandola in una preghiera. Se non è amore questo. Amore cantato e corrisposto, perché ora Lozano ha perso l’indolenza, torna a marcare come nel recupero con la Real Sociedad e perde pochissimi palloni, è tra i più attivi, e spesso il migliore in campo, come nella partita col Bologna. È diventato fondamentale, perché è il calciatore che accelera e accende le ripartenze, come pure il calciatore che libera l’azione negli spazi stretti grazie alla sua abilità nelle triangolazioni e nel dribbling. Non ha i fuori tempo di Lavezzi, ma lo ricorda moltissimo, forse ha più tecnica e pure disciplina, anche se non sembrava. Insomma, è diventato uno dei fedelissimi di Gattuso, che lo radiocomanda, perdendo di vista il resto. Perché se Lozano funziona benissimo, tutti gli altri, ad esclusione di Bakayoko, avrebbero bisogno di verticalizzare, e anche di tirare in porta, invece se la passano, e poi se la ripassano e via così per tutta la partita, tanto che il Bologna a momenti pareggia, complici gli ottimi cambi di Sinia Mihajlovic.

 

Per fortuna del Napoli e di Gattuso, al ventitreesimo del primo tempo, el Chucky-Chucky-Chucky Lozano salta Stefano Denswil con facilità, agilità e velocità, va e mette in area di rigore un cross di velluto, la palla gira piano ed è un cappello per la testa di Osimhen che deve solo calzarlo, mentre la difesa del Bologna se l’è perso e dimenticato, e il povero Lukasz Skorupski non ci può arrivare. In pratica il gol è tutto nel cross perfetto di Lozano, impresa straordinaria, non si vedeva un cross così da anni, tanto che Insigne s’è stropicciato gli occhi e Dries Mertens quello che ha studiato ha urlato come Gene Wilder in Frankenstein Junior di Mel Brooks: «Si puòòòòòòò fareeeeeeeeeeee». Poi nemmeno Lozano l’ha fatto più, adeguandosi allo scambio da ping pong, che si è protratto fino al novantacinquesimo. Nonostante l’adeguamento calcistico-ministeriale il calciatore messicano è rimasto l’unico capace di somministrare eversione agli schemi gattusiani, e anche l’unico a possedere quello che Gattuso chiama veleno. Che col tempo sembra più un forte dopobarba che la soluzione per la squadra. Intanto, può dire di aver salvato il soldato Lozano, di averlo rimesso al campo, al gol e ai cross, che non è male. E vantarsene. Per il resto ha davanti un mese decisivo, dove si spera che anche gli altri possano ritrovare la voglia, la posizione e l’influenza del messicano. 

From: https://www.ilmattino.it/sport/sscnapoli/bologna_napoli_marco_ciriello-5574524.html

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