Cannavaro, dalla Cina con amore: «Forza Carletto, sei tu l’anti-Juve»


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«Oggi ho la partita, ho festeggiato a mezzanotte il mio
compleanno ma poi subito dopo ho lavorato perché ho scoperto
che di notte mi vengono belle idee…». Il capitano parla dal
suo appartamento di Canton, in Cina. Oggi «la sua
partita» è contro il Beijing Sinobo e in palio
c’è il primo posto del campionato del paese della Grande
Muraglia. «Eliminati dalla Champions asiatica abbiamo vissuto
un momento particolare, poi ci siamo ripresi: sono arrivati
Paulinho dal Barcellona e Talisca dal Besiktas e abbiamo ottenuto 8
vittorie su 9 gare ed eccoci di nuovo al secondo posto». Il
capitano, anzi il Capitano (con la C maiuscola), è Fabio
Cannavaro che ieri ha compiuto 45 anni, l’eterno eroe di
Berlino, l’ultimo Pallone d’oro del calcio italiano.

Cannavaro, al Guangzhou, dopo sette scudetti di fila, ha
trovato una squadra un po’ demotivata. Può succedere
anche alla Juventus?

«Potrebbe. Ma non credo che succederà. Io ho trovato
un gruppo scarico, alla ricerca di nuovi stimoli. Siamo partiti
male, ma ho visto che il gruppo mi seguiva quindi non mi sono mai
preoccupato. Sapevo che era questione di tempo. E così
è stato».

E la Juventus?
«Non ha preso solo Cristiano, uno dei più forti al
mondo, ma anche Cancelo, Emre e in più non mi pare che chi
sta dietro si sia rafforzato nelle infrastrutture o in altro. Non
è solo la squadra più forte, è anche il club
più forte. Hanno voluto le seconde squadre? E chi è
l’unica che ha iscritto la squadra-B in Lega Pro? Sembrano
dettagli, ma non lo sono».

Ancelotti può aiutare il Napoli a stare dietro alla
Juve?

«Carletto è l’allenatore ideale a prendere in mano
questa patata bollente che è il dopo-Sarri. Non
c’è nessuno al mondo che più di lui può
aiutare a mettere da parte il passato e a tuffarsi con convinzione
sul presente. Perché in pochi hanno vinto come lui e
perché in pochi capiscono i proprio calciatori come
Carletto».

Lo chiamava Carletto anche a Parma?
«Sì, perché quando l’ho conosciuto era alle
prime armi come allenatore e mi piaceva rivolgermi a lui in questo
modo. D’altronde, non bada alla forma ma alla sostanza. A un
giocatore dà sempre l’impressione di essere uno di
famiglia, quasi un fratello, ma questo fino a quando quello fa
quello che vuole lui. Altrimenti sa bene come farsi rispettare.
Quando ci disse che sarebbe andato al Milan, in tanti piansero
nello spogliatoio».

Però la schierò da terzino
sinistro.

«Poi fece marcia indietro. Ma non ebbi mai da ridire nulla.
Attesi che capisse da solo che terzino proprio non avrei potuto
giocare. Poi mi ha piazzato con Thuram al centro della difesa e
credo che non se ne sia mai pentito».

From: Il Mattino.

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