Nel calcio in cui le bandiere non sventolano più, e Totti
ritiratosi nella scorsa primavera dopo 25 anni di Roma rappresenta
l’eccezione a conferma della regola, il rapporto tra Hamsik e
il Napoli suscita interesse e simpatia. Acquistato diciannovenne
per 5,5 milioni di euro, dopo aver giocato a quella età
già 74 partite con la maglia del Brescia, lo slovacco
cortese – mai una dichiarazione fuori luogo, mai un lamento con un
allenatore per una sostituzione o una collocazione errata in campo,
mai una protesta con un arbitro o un avversario – è un
simbolo di continuità e un riferimento per il presidente De
Laurentiis perché la sua storia, i suoi undici anni azzurri,
dimostrano che nel Napoli si può costruire qualcosa di
duraturo ed essere campioni per sempre, non aspettando il salto in
un club più vincente e con un fatturto più alto.
Brevi sono state le storie di Lavezzi, Cavani e Higuain, liberatisi
attraverso il pagamento di onerose clausole rescissorie; sembra
invece destinato a durare oltre la scadenza dell’attuale
contratto (giugno 2020) il rapporto tra il club e Marek,
cioè tra la città e questo ragazzo che si è
fatto uomo indossando l’azzurro, giocando al San Paolo e
vivendo la quotidianità di Pinetamare, il suo rifugio a un
passo dal campo di Castel Volturno, dove ha trovato solidi affetti
che non lo hanno spinto a guardare oltre il Napoli e oltre Napoli
per cercare la sua dimensione.
Tanti si sono battuti la mano sul petto o hanno baciato la maglia
dopo un gol: lo ha fatto perfino Higuain, campione di ipocrisia. Il
gesto di Hamsik, dopo la rete al Torino che gli ha consentito di
raggiungere Maradona al vertice della novantennale classifica
cannonieri del Napoli, è stato diverso perché
sentito. C’era una reale spinta emotiva, un assoluto bisogno di
condividere il momento con i compagni e i tifosi, così come
era accaduto tre anni fa, in occasione della conquista della Coppa
Italia e della Supercoppa, sollevate al cielo dopo le finali contro
la Fiorentina e la Juve negli stadi di Roma e Dubai. Il campione
non è apparso brillante in questi mesi, avrebbe
probabilmente dovuto tirare un po’ il fiato e non giocare
sempre dal primo minuto, eppure Sarri lo ha protetto e
sistematicamente schierato, difendendo quella scelta fatta appena
insediatosi alla guida del Napoli: «Con me Hamsik
giocherà sempre». Non lo ha difeso soltanto lui: dopo
prove grigie, e sostituzioni legittime, il San Paolo ha sempre
applaudito Marek, perché la gente – la sua gente – ammira la
qualità del giocatore e la lealtà dell’uomo,
arrivato nel 2011 a respingere l’offerta del Milan – giunta
attraverso Mino Raiola, il boss dei procuratori poi accantonato
dallo slovacco – e nel 2015 quella della Juve: Nedved, il Pallone
d’oro che è il vicepresidente del club, considera Marek
il suo erede e lo avrebbe voluto inserire nella squadra di
Allegri.
From: Il Mattino.