Trecentosessantacinque giorni più in là, come nella più classiche delle storie senza un lieto fine. Napoli ed il Napoli, sembra passata una vita, ma è solo un anno quello che divide il gol di Amadou Diawara contro il Chievo dal pareggio contro il Genoa di ieri sera, ennesimo capitolo da dimenticare in fretta di questa stagione. In mezzo, a fare da ponte, dodici mesi di cambiamenti, trasformazioni, volti nuovi e nuovi problemi da risolvere prima di giovedì. C’è un Napoli nuovo al San Paolo, ma lo stadio di Fuorigrotta sembra un lontano ricordo: i 50mila festanti al fotofinish della gara contro il Chievo hanno lasciato spazio ad uno stadio vuoto, che ieri sera ha contato 22mila persone per una sfida che era il saluto ufficiale della città alla squadra prima del match contro l’Arsenal.
L’Europa un anno fa non c’era, ma c’era un sogno scudetto ad alimentare forte tutta Napoli. Il gol di Stepinski sembrava poter mettere una parola fine già ad inizio aprile, poi Milik e Diawara, in pieno recupero, sembrarono due segnali celesti. Si era aperto così un aprile incredibile per il Napoli di Sarri, che inseguiva la Juventus e che i bianconeri avrebbe avvicinato qualche settimana più tardi. Da Diawara a Koulibaly, il risultato fu lo stesso così come quasi simile fu il minuto dei gol sul cronometro. Le speranze si sarebbero frantumate sette giorni dopo nel tanto famoso match del Franchi a Firenze, ma il Napoli che aveva salutato lo scudetto fu festeggiato comunque dai suoi tifosi fino alla curva finale, quella dei 91 punti che significarono record.
«Il nostro obiettivo era assestarci tra gli 80 e i 90 punti anche quest’anno, ma se non ci svegliamo non ci riusciamo». Carlo Ancelotti è stato chiaro dopo il Genoa, non è questo il Napoli che si aspettava di avere tra le mani. E non se lo aspettavano nemmeno i tifosi, che all’Europa ci credono ma con riserva. La doppia sfida all’Arsenal non consente certezze, passare il turno significherebbe riaprire una stagione che in campionato non ha mai regalato gioie, al contrario il primo anno ancelottiano si chiuderebbe con tanta amarezza e speranza vana. Ma cosa è successo? Perché sacrificare le coppe per dare tutto in campionato sembrava una strategia vincente per il pubblico napoletano nella stagione scorsa, mentre i mugugni si sono fatti sentire forte quando Ancelotti e i suoi hanno scelto l’opposto visto il secondo posto ormai in mano?
L’8 aprile di un anno fa, tutta Napoli si stringeva forte intorno ai beniamini azzurri, capaci di stravolgere la sorte e aggrapparsi ancora a quel tricolore che sembrava spettare di diritto. Ma era l’epopea Sarri ad attirare i tifosi allo stadio, la speranza di poter ribaltare il dominio juventino e vestire i panni di un Davide che batte Golia nella storia da raccontare ai nipoti. Un anno più tardi, la distanza evidente tra tifo e squadra sembra mettere a dura prova qualsiasi risultato e il gol di Lazovic pesa come un macigno prima di una sfida che vale tutta l’annata. Il Genoa, come l’Empoli, ha dimostrato che la rosa a disposizione di Ancelotti non sa vincere senza dare il suo massimo, che qualcosa andrà fatto in estate perché il ciclo di molti a Napoli potrebbe essere terminato. Ma a mancare è anche il feeling giusto tra l’ambiente e chi scende in campo, quel fattore in più che ha sempre caratterizzato Napoli e che oggi sembra solo un ricordo.
L’obiettivo, ora, è poter rivivere quel clima di festa visto col Chievo un anno fa, magari in una serata di metà aprile: tra dieci giorni a Fuorigrotta arriva l’Arsenal di Emery e Aubameyang, per regalarsi un sogno e una notte di gioia, per tornare a respirare l’aria della vittoria come dopo quel gol allo scadere che aveva segnato tutta la città.
From: Il Mattino.