La voci sussurrate dell’ira (funesta) del pelide Aurelio non hanno lasciato indifferente Gattuso. E allora De Laurentiis ha capito che era il caso di muoversi in prima persona, con decisione, precipitarsi nel ritiro azzurro all’hotel Britannique (era atteso stamane ma è arrivato nella serata di ieri), provando a smussare ogni cosa in maniera netta e guardando in faccia la squadra e il tecnico: «Mi fido di voi, so che come me volete andare in Champions, dobbiamo stare tutti tranquilli perché è fondamentale conquistare uno dei primi quattro posti per il futuro di questa società». Bisognava respingere il vortice di allusioni ed è stato il figlio Edoardo a raccontare il clima di amarezza che c’era nel Napoli e a sollecitare l’intervento. E il patron, con il suo braccio destro Chiavelli, ha anticipato il suo arrivo in città: «Piena fiducia» a Gattuso, recita la nota del club poco dopo le 20. Non sembra come il famoso Enrico stai sereno di renziana memoria (dopo pochi giorni la fiducia al premier Letta venne tolta). Però De Laurentiis può cambiare idea in ogni istante. Si sa. Ha spiegato: «Troppe illazioni e cose inventate, non è vero che non credo nel lavoro di questo allenatore», dice per rassicurare Gattuso che apprezza le parole. Non ha mai pensato che sul suo capo pendesse una spada, Rino. Ma sentirselo dire ha un certo effetto sul suo umore. Se è o meno una strategia, lo si capirà nei prossimi giorni. Ma ce ne era bisogno, non è una banalità, a poche ore dalla gara di Coppa Italia. «Dobbiamo limare gli alti e bassi della prestazioni, continuare a lavorare per il ritorno in Champions. Ho fiducia in tutti voi e in te Rino». Gattuso ha apprezzato, era quello che voleva sentirsi dire. Per certi versi, è meno Ringhio di quello che appare. Va da sé che l’allenatore di mari ne ha solcati nella sua carriera e sa bene che tornerebbe subito l’aria di tempesta in caso di eliminazione stasera contro una squadra come lo Spezia che è (non ce ne voglia nessuno) inferiore a quella azzurra e anche alle sue riserve. Una certezza: il tecnico del Napoli non ha mai pensato alle dimissioni che, non si sa perché, di tanto in tanto vengono ventilate.
Per una sera almeno Ringhio torna alle sue origini, ovvero al 4-3-3 con cui ha iniziato la sua avventura napoletana: Bakayoko deve riposare per forza e nella mischia Gattuso getta Elmas. E a questo punto arriva la decisione: perché preferisce non azzardare troppo con il macedone e blindare la linea mediana spostando Zielinski sul lato sinistro del centrocampo. Con Demme regista. E in attacco qualche incognita c’è: Insigne è intoccabile. Avrà anche giocato male sia a Reggio Emilia che a Verona ma si deve mettere la cera nelle orecchie come i marinai di Ulisse, non ascoltare le critiche e prendersi in carico il Napoli. Perché è il capitano. Poi lo schieramento offensivo dipende dalle condizioni di Petagna, che ieri bene non stava: se recupera, Lozano resta a destra, sennò (come al momento è ipotesi più concreta) il messicano gioca punta centrale e in formazione spunta Politano. Mertens e Osimhen non sono ancora pronti per giocare titolari e paradossalmente è forse più il belga a preoccupare che mister 80 milioni. Con la squadra non c’è bisogno di patti da siglare di volta in volta: con Gattuso è stato edificata una cattedrale spesso non proprio di bellezza, ma in ogni caso solida nei rapporti interni e umani. Come solo con Sarri si era visto l’ultima volta. Gattuso ha scelto di parlare brevemente alla squadra, per non appesantire ancora di più il clima. Quello che Gattuso chiede stasera e che poi rivuole vedere anche con il Parma è una squadra adulta e responsabile, plasmata dall’organizzazione condivisa. Il tecnico chiede una sterzata, vuole una squadra offensiva che controlli gioco ed emozioni. Ovvero il contrario del Bentegodi. La squadra ha abituato a cambiare volto in pochi giorni. E Ringhio è convinto che sarà così anche questa sera.