Il bel Napoli che ha fatto sognare non è mai arrivato a
Firenze. Si è fermato a Torino, anzi all’aeroporto di
Capodichino, dove era stato trionfalmente accolto nella notte da
15mila tifosi dopo la vittoria sul campo della Juve firmata da
Koulibaly. Ed è stato lui ad aprire la partita da incubo con
la Fiorentina facendosi espellere dopo soli 8′. Tre gol del
Cholito Simeone, sconfitta e fine del sogno a lungo accarezzato e
della corsa perché il vantaggio di 4 punti della Juve, dopo
l’opaca vittoria al Meazza, è realisticamente
irrecuperabile. Non potrà esservi un’altra impresa per
gli uomini di Sarri, in grado di passare da -9 a -1 nei precedenti
due turni di campionato. Ma comunque sia andata il Napoli merita
applausi per il gioco che ha espresso e la passione che ha
acceso.
Irriconoscibili gli azzurri al Franchi, schiacciati dal calo fisico
che era stato mascherato a Torino dopo tante prestazioni sofferte e
dallo stress che assale chi insegue. E tutto si era fatto
maledettamente complicato dopo il blitz dei bianconeri a Milano,
favorito dagli errori di Orsato. Ha avuto un effetto la partita del
Meazza, ma non solo. Il Napoli è stato inesistente a
Firenze. Non ha lottato per tenere viva la speranza. Molli i
difensori, sorpresi dal primo gol di Simeone, davvero
incontenibile. Inefficaci gli attaccanti. Allan ha retto la linea
di centrocampo che ha perso subito Jorginho (perché non
richiamare Mertens per Milik?): ha lottato con il cuore. Non si
è preparato bene il Napoli all’appuntamento chiave del
campionato e bisogna capire perché. Su mente e gambe hanno
pesato più l’euforia della settimana quasi da scudetto
vissuta a Napoli o lo choc per la rimonta di sabato della Juve?
Come hanno lavorato Sarri e il suo staff sotto l’aspetto
tattico e psicologico? Certo, giocare in dieci dall’8′ pesa
su una squadra ma il Napoli, ieri, purtroppo non è stato una
squadra. Avesse avuto la concentrazione e l’aggressività
viste appena una settimana prima a Torino, avrebbe potuto perfino
sopperire all’inferiorità numerica perché la
Fiorentina non era avversario irresistibile: non si è
scansata e ha soltanto sfruttato le occasioni concesse.
Si è quasi ripetuto il copione di due anni fa, quando la
sconfitta a Udine (quella in cui esplose la rabbia di Higuain
contro l’arbitro Irrati) fermò gli azzurri a sei punti
dalla Juve, lanciando la squadra di Allegri verso lo scudetto a
sette giornate dalla fine. Il Napoli aveva realizzato una
straordinaria rimonta dopo aver perso colpi a causa del calo di
alcuni suoi pilastri. Ma che fine ha fatto Mertens, fermo al gol
del 3 marzo alla Roma? Impresentabile eppure sempre schierato. E
Hamsik, Callejon? Si è avuta la sensazione che gli azzurri
abbiano concentrato tutti gli sforzi sulla missione in casa della
Juve, perfettamente riuscita. Ma c’era un percorso da portare a
termine tutti insieme. I tifosi c’erano, nelle piazze come
nello stadio di Firenze; i giocatori stavolta no e neanche De
Laurentiis, rimasto per sua scelta ai margini nei giorni cruciali
della stagione. L’obiettivo-Champions è stato raggiunto
ed è un ottimo risultato. Però tutti, soprattutto nei
quattro mesi in cui il Napoli è stato al primo posto, hanno
sperato di vedere il sogno scudetto trasformarsi in realtà.
Lo avrebbe meritato questo gruppo generoso e tecnicamente di grande
qualità, che però non è stato puntellato sul
mercato di gennaio ed è andato avanti con gli stessi uomini
fino alla fine, anche perché il suo allenatore non è
stato mai propenso al turnover. Aveva sacrificato tre coppe per
tentare di vincere il campionato e non vi è riuscito. Adesso
è chiamato a fare chiarezza sul proprio futuro. Possono
parlarne De Laurentiis e Sarri, andando al di là di battute
e temporeggiamenti. Il presidente vuole riconfermare il tecnico
però teme la richiesta di separazione, tant’è che
ha preso contatti con professionisti stranieri: circola anche
l’ipotesi Benitez, andato via due anni fa perché non
c’erano business plan e centro sportivo. L’allenatore dice
di voler rimanere ma continua a guardarsi intorno, attirato dalle
sirene inglesi, cioè dal Chelsea. Si può fare
chiarezza subito, senza aspettare la fine del campionato (il 20
maggio) o il giorno di scadenza della clausola (il 31). Sarri o non
Sarri, si dovrà ristrutturare la squadra, partendo dai
portieri: ne serviranno due o tre. Da valutare le offerte per
Koulibaly, o quelle per Callejon e Mertens, quest’anno arrivati
alla quinta stagione in azzurro. Lavoro impegnativo, ecco
perché serve al più presto la decisione sull’uomo
che siederà in panchina.
From: Il Mattino.