Gattuso: “Non voglio sentire parlare di sfortuna”. Intanto il Napoli è ancora dentro il tunnel e non è semplice scacciare i fantasmi
NAPOLI – È inutile starsene dinnanzi allo specchio e chiedersi cosa sia successo: «Guardiamo avanti, ragazzi». Perché è chiaro che se uno desse un’occhiata anche un po’ dietro, la crisi finirebbe per dilatarsi e ritrovare la propria identità avrebbe le stesse improbabili possibilità di recuperare un ago tra i fili d’erba del San Paolo. E’ andata (male) e Gattuso ha cercato di scuotere l’umore, ha evitato che i calciatori parlassero ai microfoni e ai taccuini dopo la notte perfida con l’Inter, sfuggendo a domande che forse avrebbero avuto lo stesso effetto del sale sulle ferite, che invece «sanguina», perché il Napoli non riesce a trovare se stesso e neppure la sua controfigura, si fa gol da soli e poi si fa anche del male senza che l’aiutino gli altri […]
Fabian Ruiz s’è ritrovato da fenomeno spagnolo e internazionale a capro espiatorio d’una involuzione collettiva della quale è diventato il simbolo: in tre mesi, quel talento – un enfant prodige – s’è trasformato in reietto e porta in sé anche limiti che non gli appartengono, perché tra le tante cose che sa fare non rientra la capacità di organizzare un centrocampo a tre. Non ce l’ha dentro, non ha la visione periferica per interpretare, né la cadenza per illuminare dal basso: è nato mezzala, è diventato interno, sa essere incursore e si è adattato, anche bene, nella mediana a due: ma gli manca la capacità di schermare, non sa offrire senso di protezione, quello che Allan garantisce ma sottraendo alla manovra la sua esuberanza.
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