La sua candidatura resta calda in Inghilterra: intanto ieri il tecnico è stato a Castel Volturno per salutare la squadra: hanno pianto in tanti e lo ha fatto anche lui
Hanno pianto in tanti. E ha pianto anche lui, Carletto: uomo di sentimenti. Uomo d’amore, come diceva il professor Bellavista-Luciano De Crescenzo: uno da presepe, per intenderci. Uno che, filosofi e cinematografi che a parte, sin dalla notte dell’ultima cena con De Laurentiis ha raccolto innumerevoli attestati di stima e soprattutto testimonianze d’affetto. Sì: dai giocatori più leali, quelli che fino alla fine hanno sudato anche per lui, ai tassisti che lo hanno portato in giro nell’ultimo anno e mezzo. Ieri mattina, però, Ancelotti ha scelto la solitudine: ha sentito Gattuso, l’allievo successore, ha guidato fino a Castel Volturno e ha raccolto le sue cose al centro sportivo. Poi, tanti saluti a tutti: un’oretta, non di più, e via di corsa a casa da lady Mariann. A carezzare i pensieri e a rispondere al telefono. Magari in attesa del London Calling: l’Arsenal è una possibilità, come l’Everton, ma il Napoli è ancora una ferita aperta. Con De Laurentiis, però, è tutto chiarito: il contratto sarà onorato fi no al 30 giugno 2020, sia con lui sia con il suo staff , salvo novità legate a incarichi improvvisi. Si vedrà: si rivedranno. È ancora presto: ora è il momento della quiete. E del rispetto.
E allora, l’alba della fistato un amico. Un uomo del popolo: altro che re di coppe. Umile fi no al tweet fi nale: «Tutti i miei ringraziamenti al club, ai suoi dipendenti, ai miei giocatori, al mio staff e al presidente per l’opportunità che mi è stata data di vivere una grande esperienza in una città meravigliosa come Napoli. Forza Napoli Sempre».
E ora? Beh, resterà a Napoli almeno una settimana e poi deciderà dove trascorrere il Natale. E nel frattempo, in Inghilterra la sua candidatura resta calda ne: un po’ di sole fuori, temperatura mite, ma il gelo dentro. E non potrebbe essere altrimenti considerando lo stress e il dispiacere – i dispiaceri – di un periodo paradossale. Carletto, però, ha 60 anni ed è nel calcio da una vita, sa come funziona, e con il sopracciglio alzato ha innanzitutto chiacchierato un po’ con il suo amico Rino, Gattuso, provando a dribblare la scomodità reciproca di una situazione ai limiti dell’assurdo. Ma tant’è. E così, ieri mattina, dopo la colazione, il caffè e la telefonata s’è infilato in macchina da solo e ha raggiunto casa Napoli. La sede: dalle 10 alle 11, o giù di lì, giusto il tempo di svuotare l’armadietto e l’uffi cio, riempire il classico cartone e poi abbracciare gli amici. Dipendenti, staff , impiegati: tutti provati, ma sul serio, e in tanti sinceri nelle lacrime versate a gogò. Già, la tristezza dei saluti è stata immensa: s’è commosso lui, Ancelotti, e hanno pianto a dirotto suo figlio e vice Davide e anche Edo De Laurentiis.
Anche qualche giocatore non ha trattenuto l’emozione. I suoi uomini, i più fi dati: Koulibaly, Manolas, Lozano, Meret, Llorente e Allan. Quelli che, al di là di una serie lunga di messaggi social sparati in rete dai giocatori, cose da ragazzi, hanno testimoniato all’uomo l’aff etto, la stima e l’impegno. Il miglior regalo. L’omaggio più sentito. Anche Carletto, a onor del vero, ha lasciato la squadra con un gesto che ne conferma lo spessore umano: «Facciamoci un applauso, ce lo meritiamo», ha detto martedì negli spogliatoi del San Paolo dopo il poker al Genk e la qualifi cazione agli ottavi di Champions. Bello. Grande. Immenso, invece, è il vuoto che tante persone gli hanno spiegato con le parole, le telefonate, i fatti: Lello, l’amico fi dato delle cene che erano un appuntamento settimanale, e poi gli steward del centro sportivo, il barista di riferimento, il personale dello stadio e dell’aeroporto, i tassisti. Lo amano tutti, perché con tutti Ancelotti è stato un amico. Un uomo del popolo: altro che re di coppe. Umile fi no al tweet fi nale: «Tutti i miei ringraziamenti al club, ai suoi dipendenti, ai miei giocatori, al mio staff e al presidente per l’opportunità che mi è stata data di vivere una grande esperienza in una città meravigliosa come Napoli. Forza Napoli Sempre».
E ora? Beh, resterà a Napoli almeno una settimana e poi deciderà dove trascorrere il Natale. E nel frattempo, in Inghilterra la sua candidatura resta calda per due panchine: Arsenal, l’opzione più gradita, e poi Everton. Dal punto di vista contrattuale, dopo la cena di martedì all’hotel Vesuvio con De Laurentiis, è tutto chiaro: il club azzurro continuerà a pagare sia lui sia lo staff, salvo nuovi accordi derivati da un nuovo, eventuale incarico. Nessun problema. O forse si: Ancelotti avrebbe voluto un finale diverso, avrebbe voluto vincere e costruire. Ovvio, certo. Ma il successo più grande resta: Carletto, l’uomo, ha conquistato stima, rispetto, affetto. E ha stravinto.