Sa che non è a rischio la sua panchina con la Juventus. Ma sa bene che questo clima da accerchiamento che si respira non fa bene alla squadra. De Laurentiis non fa che ribadirgli che la sua non è una panchina che traballa. Lo fa alla sua maniera. E lo stesso ha fatto anche Andrea Chiavelli, il potente amministratore delegato del club azzurro, dopo aver visto in giro presunti ultimatum e aut aut al tecnico calabrese. L’arrabbiatura del post Verona del presidente è rimasta fine a se stessa perché già nei giorni successivi non è mai partita una vera caccia al successore di Rino da parte del club. Innegabili i malumori e la delusione, altrimenti il contratto pronto il 12 gennaio sarebbe stato firmato. Cosa che non è mai avvenuta. Ma in questi 20 giorni trascorsi da allora, tra risultati negativi e prestazioni mai brillanti, non è successo nulla e Gattuso è ancora lì. Al suo posto. A conferma che la fiducia data da De Laurentiis in quel tweet del 27 gennaio non era solo formale. Rino nel discorso alla squadra a Castel Volturno di ieri non ha fatto riferimento a nulla di tutto questo: si macera dentro ma è già tuffato sulla Juventus «perché abbiamo subito l’occasione per rialzare la testa. Ma per farlo ci vuole voglia ed entusiasmo». Non è escluso che oggi De Laurentiis possa tornare a far visita alla squadra, dopo le pacche sulle spalle e il rapido saluto al termine della gara persa con l’Atalanta anche all’allenatore. Dopo aver visto il secondo tempo in una saletta riservata e aver anche incrociato Gasperini con cui ha scambiato qualche battuta.
L’eliminazione dalla Coppa Italia brucia, ma non è certo un dramma. È la zona Champions l’unica cosa che conta. Ed è importante che in questo clima di emergenza totale che durerà per almeno altri 15 giorni (quando Koulibaly e Mertens saranno i primi a rientrare) vengano limitati i danni. Senza perdere l’equilibrio. E la testa. L’impressione è che questo Napoli, più che Gattuso, si aspetti che De Laurentiis ribadisca in maniera pubblica un gesto, magari anche plateale, in cui sia chiaro a tutti che Ringhio può e deve continuare a lavorare con tranquillità fino alla fine della stagione perché c’è stima e fiducia nel suo lavoro. Poiché, per adesso, questa è la decisione del patron. Sennò tanto vale trovare un’alternativa e in maniera, questa volta, concreta. Al di là del risultato di domani. Perché serve un segnale per l’ambiente, ma anche per uno spogliatoio che spesso si nutre delle incertezze e che rischia di logorarsi inseguendo voci che non sono vere ma rischiano di creare un clima di precarietà. Gattuso anche ieri, nel poco tempo che ha parlato alla squadra, lo ha ribadito: «Quella con la Juventus è un’altra storia, non pensiamo più a quello che è stato». Nessuno crede che il futuro di Gattuso a Napoli dipenda dal big match con il vecchio amico Pirlo ma è chiaro che c’è bisogno di ritrovare sulla panchina l’allenatore che una volta era un demonio e che, ed è evidente, non è più lo stesso da quando è stato travolto dal fuoco amico di certi pensieri presidenziali che sono sfociati, poi, nella mancata firma del rinnovo del contratto pronto.
Crede nella forza di reazione di questo Napoli a pezzi, Gattuso, e fa i conti con la verità delle cose. Oggi il test per capire chi potrà giocare con la Juventus: il primo riguarda Osimhen che dovrebbe essere titolare. In difesa non ci sono alternative, c’è poco da piangersi addosso, mentre a centrocampo Demme (che era stato risparmiato proprio in ottica campionato) è out per una elongazione. Perché piove sul bagnato su questo Napoli. Mertens è il leader della squadra e la sua assenza pesa anche nella gestione psicologica di questo momento. Gattuso è a rischio? Ora no. Domani c’è solo in palio un terzo posto che senza vittoria rischia di allontanarsi in maniera eccessiva.