La parola chiave è complicità. Che è un qualcosa di più profondo della semplice concordia, o della comunione di intenti, o del sentirsi uniti su un fronte comune. No no, sono proprio complici, Gattuso e De Laurentiis, in un rapporto che negli ultimi mesi si è andato rafforzando e che, a meno di colpi di scena, porterà al rinnovo. Anche se ora il contratto è in una fase di stand-by, come raccontato nei giorni scorsi. Ma anche in queste ore, dopo la sconfitta con lo Spezia, presidente e allenatore si sono sentiti per comprendere quali siano le cause che hanno portato alla clamorosa sconfitta al Maradona. Che pure per il patron è qualcosa di inspiegabile. Il patron non ha avuto molto da rimproverare al suo tecnico: la prova è stata positiva anche se il cortocircuito da metà ripresa in poi non può passare sottogamba. E infatti non è passato.
Lo spogliatoio ha dovuto affrontare i toni duri di Ringhio ieri mattina nel quartier generale di Castel Volturno. E Gattuso ha esordito con due domande quando ha riunito il gruppo davanti a sé (solo Osimhen non c’era): perché tutto quel nervosismo e quell’ansia dopo il gol di Petagna? Perché quello scoramento improvviso dopo la rete dell’1-1? Nessuno ha risposto, forse perché nessuno riesce ad avere delle risposte. Non ha battuto ciglio Maksimovic, quello che più di tutti è andato in barca e che adesso rischia il posto (a Udine potrebbe esordire Rrhamani dal primo minuto) né gli altri della squadra. Tutti muti al cospetto di quei perché. Gattuso è stato diretto: «Non ci può spegnere neppure per cinque minuti in una partita di serie A». Cosa che il Napoli ha fatto con lo Spezia e che fa troppo spesso. È questa, dice l’allenatore calabrese, la dote che fa la differenza fra una buona e una grande formazione. Ne sa qualcosa lui che viene dalla scuola-Milan, dove ogni gara veniva vissuta come se fosse la finale di Coppa dei Campioni. L’obiettivo del tecnico, nemmeno tanto nascosto, è proprio questo: registrare la mentalità dei suoi ragazzi su una lunghezza d’onda diversa.
Piove. Ed è umido. Il litorale domizio, di questi tempi, sembra quasi la campagna inglese, per colori malinconici e clima. Gattuso insiste. Alternando i toni. Dal punto di vista tecnico tattico la gara è stata fatta nella giusta maniera, compreso l’approccio iniziale, se si crea tanto e si concede quasi niente il più delle volte si vince. Il problema, semmai, è stato con la Lazio e con il Torino, quando invece si è costruito poco. Ma qui arriva il richiamo, l’ulteriore richiamo: «Ora non facciamo prendere dallo sconforto, buttiamo via quelle facce tristi, mettiamoci al lavoro e pensiamo con energia alla gara con l’Udinese. E insistiamo con le cose che abbiamo fatto bene». Avanti, dunque, è senza alibi. Eppure, giocare da due mesi senza Osimhen, rinunciare a Mertens da 30 giorni, fare a meno di Koulibaly almeno fino alla gara con la Fiorentina e non avere a disposizione neppure un ricambio come Demme a centrocampo pure sono dei motivi per giustificare questo calo. Ovvio, non sfugge certo a Gattuso che per battere lo Spezia (con tutto il rispetto) la formazione scesa in campo all’Epifania bastava e avanzava. Ed è il motivo per cui non fa riferimento agli assenti. Anche se pesano, perché i ricambi sono pochi. Pochissimi. E infatti con l’Udinese le novità ci saranno, per quello che ci possono essere: c’è Hysaj che dovrebbe ritrovare la maglia da titolare e bisogna studiare una soluzione per dare un turno di riposo a Fabian che pare essere ancora troppo svagato ed esitante. Forse Lobotka o magari Elmas. Da qui non si scappa. Vero che fin da ieri il motto era testa all’Udinese ma è chiaro che quella del Friuli viene annunciata come una trasferta piena di insidie dove certo non si possono fare troppi cambi. In queste ore le riflessioni di Gattuso (e del suo instancabile vice Riccio) saranno tante. Anche su Ospina e Meret.
E neppure è finito nella discussione con la squadra l’arbitraggio di Mariani. Proprio per non dare scusanti ai calciatori per il ko. Perché il Napoli si è fatto sentire, eccome, a fine gara per la direzione di gara del fischietto di Aprilia e per la gestione al Var di Banti. Perché il rigore fischiato a Fabian, per il Napoli, è stato assolutamente generoso e ha condizionato il finale di partita. Ed era chiaro da subito. Ed è un rigore che per dinamica ricorda quello concesso al Sassuolo che pure, secondo il club azzurro, non stava né in cielo né in terra. Ma le proteste ci sono state anche per il braccio (larghissimo) di Ismajli. Polemiche che però il Napoli preferisce tenere lontano dai riflettori.