Non c’è un medico che sappia guarire il calcio italiano dai suoi profondi mali. Chi immaginava che il fondo fosse stato toccato il 13 novembre, con il pareggio nel playoff contro la Svezia e l’esclusione della Nazionale dai Mondiali, si sbagliava. In un albergo di Fiumicino non è decollato il nuovo corso e non è stato eletto il successore di Tavecchio alla presidenza della Federcalcio. Il maggior numeri di voti lo ha raccolto la Scheda Bianca: 59,9 per cento, segno del dissenso e della autoesclusione del sindacato calciatori e dei dilettanti.
Dopo tre votazioni e un ballottaggio, nessuno dei tre candidati – Gravina della Lega C, Sibilia della Lega Dilettanti e Tommasi dell’Assocalciatori – ha ottenuto i voti necessari e dunque scatterà il commissariamento che il presidente del Coni, Malagò, aveva auspicato già a metà novembre, indignato per il flop della Nazionale e per la gestione della Federcalcio. In extremis Sibilia ha offerto a Gravina la presidenza per evitare il commissario ma le due componenti fedeli al presidente della Lega C – arbitri e allenatori – si sono opposte. Alla fine, vi è stata una quota del 59,9 per cento di schede bianche e nessun dirigente potrà sedere sulla poltrona di via Allegri. Commissariata la Figc. Ed è già commissariata la Lega più importante, quella di serie A, guidata da Tavecchio, che potrebbe incredibilmente diventarne il presidente dopo i disastri combinati in Federazione. Con ironia, il presidente dell’assemblea Pasquale De Lise ha chiuso l’assemblea dicendo: «Abbiamo passato una bella giornata insieme». Altro che bella.
Pacchetti di voti che non sono stati assegnati tra domenica e ieri, trattative che si sono consumate tra la sala dell’assemblea e i gabinetti dell’albergo, dove era segnalato un attivissimo Lotito, che avrebbe voluto accompagnare Sibilia alla presidenza della Figc così come aveva spinto Agnelli, numero uno della Juve, a quella della Eca, l’organismo dei club europei. Finché il calcio sarà questo mercato delle vacche, con simili personaggi, per andare avanti non potranno che esservi misure straordinarie come il commissariamento, che Malagò farà scattare tra due giorni. Si ha l’impressione che Tommasi sia stato l’unico dei tre candidati a dar retta al capo dello sport italiano, optando subito per la scheda bianca e non girando la sua quota di voti a Gravina, dunque spianando la strada all’intervento del Coni. È possibile che l’onere tocchi a Malagò, che magari sarà affiancato da un esponente dell’Assocalciatori e dal direttore generale della Figc, Uva, che pure ha fatto parte del disastroso team di Tavecchio. Si procederà alle riforme che potrebbero vedere un ruolo più attivo del Coni nella gestione federale, così come auspicato dal professore Giulio Napolitano, figlio del presidente emerito della Repubblica e consulente del Foro Italico, in una lettera programmatica inviata nei giorni scorsi al Corriere della Sera. Non si possono disconoscere i ruoli e i pesi delle Leghe, tuttavia è necessario che vi siano facce nuove e progetti credibili per il rilancio. «Dovevamo rinviare le elezioni e trovare una condivisione e partecipazione perché il calcio ci guarda e al centro va messo il pallone e non le poltrone»: lo ha detto non un emerito pensatore ma il pittoresco presidente della Samp, Ferrero, a dimostrazione del fatto che la situazione è così grave da essere chiara per tutti.
Mentre il commissario azzererà tutte le cariche e nominerà il nuovo ct (la Nazionale sarà guidata dal tecnico dell’Under 21, Di Biagio, soltanto per le prossime due amichevoli), i presidenti di serie A dovranno nuovamente incontrarsi per decidere quale offerta accettare per la vendita dei diritti televisivi e procedere alla nomina della governance. Ci saranno altre manovre sotterranee, dalle quali è auspicabile che si tenga fuori Tavecchio, ieri visto in tv conversare amabilmente con De Laurentiis e Lotito sui destini del calcio. Malagò osserverà attentamente cosa accadrà nei prossimi giorni a Milano perché vuole ridare credibilità al più importante movimento sportivo, a un’industria che supera il miliardo di fatturato ma che ha tanti punti deboli, in campo e fuori. È stato in fondo un bene non andare ai Mondiali perché altrimenti tutto queste scabrose situazioni sarebbero state nascoste sotto a un tappeto. È tutto venuto alla luce e finalmente abbiamo avuto la certezza che il calcio è incapace di autoregolamentarsi, di scegliere una guida e avere unità di intenti. Per fortuna, c’è un’entusiasmante lotta al vertice del campionato: ringraziamo Napoli e Juve e auguriamoci che niente fermi queste emozioni.
From: Il Mattino.