«Tiro mio leggermente fuori, uscito di poco…». Scherza su Instagram Juan Jesus per l’errore (clamoroso) nella notte dell’Olimpico. Ma il gol più bello, e nella porta giusta, lo realizza qualche ora più tardi quando è notte fonda, la partita è alle spalle e lui sta per mettere piede sul treno che lo riporta, assieme alla squadra, a Napoli: perché il brasiliano, appena sceso dal bus, esce per un attimo dal cordone di sicurezza e a passi svelti, quasi senza farsi notare, arriva fino a un gruppetto di senzatetto accampato alla stazione Termini e che dalla presenza di tutte quelle auto della polizia è quasi infastidito.
Juan Jesus non fa gesti plateali, non si ferma a lungo: ha due buste in mano, probabilmente piene di cibo. E le appoggia vicino a uno dei tanti giacigli all’esterno del terminal romano dove sono seduti alcuni clochard che lo guardano e chissà se hanno il tempo per dire grazie. Un gesto semplice, che classifica il campione e l’uomo più del gol fatto o dell’errore nel passaggio. Prendersi cura di qualcuno è un momento lieve e gentile, non costa fatica ed è qualcosa che Jesus ha nel sangue e che fa da sempre. Il bene non si condivide sui social, si fa e basta. Come ha fatto il difensore. E non è pubblicità, non è una cosa che si fa per darsi un tono: è sensibilità, è pura e semplice umanità. E se non fosse stato per una ripresa video di un tifoso che era lì per applaudire la propria squadra del cuore, sarebbe passata persino inosservata. Ma non è giusto non dargli risalto. Le immagini non hanno bisogno di così tante parole. Spesso ci si diverte a raccontare di calciatori quasi lontani dalla realtà, travolti dai soliti luoghi comuni. E invece no: all’improvviso spunta un brasiliano che non si gira dall’altra parte. Anzi, prende a va dalla parte giusta.
Il ragazzo con la tuta azzurra appoggia le buste che ha in mano, con gesto semplice, disinvolto, quasi senza volersi far vedere. Magari non ha neppure così piacere che si sappia. Ma quelli del Napoli sono così: Mertens, per esempio, era campioni di gol ma anche di cuore nobile: portava i cartoni con le pizze ai poveri in strada. Continua a finanziare i canili della città, anche adesso che è in Turchia. E ha adottato tanti cani abbandonati. Ghoulam e Koulibaly, invece, inseparabili, finiti gli allenamenti, si spostavano spesso ad Agnano e a viale dei Giochi del Mediterraneo per regalare abiti, scarpe, cibo e anche soldi ai tanti bisognosi che si accampano da quelle parti. Sempre in punta di piedi. Come le volte in cui i calciatori non si sottraggono agli inviti del Santobono o delle varie strutture ospedaliere di Napoli e di tutta la Campania. Sempre con discrezione anche se non è sempre vero che la beneficenza va fatta in segreto, non quando un personaggio famoso e amato può trascinare gli altri sul sentiero, la prima mano che stringe tutte le altre nella catena. Perché gli idoli si interessano anche delle vite degli altri. E sono sempre di più, sono tantissimi.
Come quando Osimhen mandò un appello social per chiedere ai suoi seguaci di aiutarlo a trovare una ragazza nigeriana senza una gamba. La ragazza continuava a vendere bottiglie di acqua. La trovò. Zielinski ha da due anni aperto due case-famiglia in Polonia: si chiamano Peter Pan. Anguissa non nasconde di inviare qualsiasi genere di aiuto ai ragazzi della sua terra, in Camerun. E poi tutti gli altri. E ora questo gesto di Juan Jesus. Non è un caso che quando sono arrivate le immagini di Kiev sotto le bombe, lui è stato tra i primi a postare una foto con i bambini ucraini sfollati: «Siamo nel 2022 e ancora dobbiamo gridare il nostro no alla guerra». Non è retorica. Fa bene guardare il video di Jesus che va verso quei senzatetto. E chi dà gioia, ha gioia. Non a caso il suo motto è straordinario. «L’educazione è l’arma più potente per cambiare il mondo». Lo diceva Nelson Mandela.