Le telenovelas sudamericane, quelle che tanto piacevano alle nonne, ormai non vanno più di moda. Forse torneranno un giorno, ma per il momento sono state superate dalle Serie Tv, progetto simile, ma legato ai nostri tempi: più rapide, con pochi episodi e poche stagioni, da godersi anche tutte in una sola notte. Telenovela ormai datata è rimasta invece quella legata allo stadio San Paolo, negli ultimi vent’anni protagonista della tavola e dei commenti di ogni tifoso azzurro. Promesse mai mantenute, parole al vento, slogan promozionali e occasioni non sfruttate. Nemmeno il risolutivo Aurelio De Laurentiis, l’imprenditore capace di mettere Napoli alla pari con le grandi d’Europa almeno nel pallone, ha potuto farci qualcosa.
Dal 2004, quando è entrato in scena in città, ha saputo prendersi applausi, critiche, persino i cuori di molti napoletani, ma mai il San Paolo, in un’infinita battaglia mediatica con il sindaco de Magistris. Vicini allo stadio, lontani negli uffici, perché quando protagonista è il denaro non c’è tifo che tenga. Il primo cittadino sa perfettamente che la squadra azzurra può essere una delle poche galline dalle uova d’oro in città è si guarda bene dal lasciarla fuggire completamente nell’aia altrui. E mentre da Palazzo San Giacomo l’assessore Borriello va ripetendo da anni il solito copione fatto di maxischermi, nuovi sediolini, interventi immediati, gli ultimi lavori conclusi sono stati quelli relativi alla tribuna stampa prima della gara interna contro il Real Madrid, per far si che almeno i colleghi spagnoli avessero un bagno da poter usare nel corso del match.
Il resto dell’impianto, però, non è andato avanti, pressoché simile al progetto varato ormai più di un quarto di secolo fa per i Mondiali italiani del 1990. E nell’ultimo decennio abbiamo potuto assistere, quasi inermi, a ipotesi di ogni tipo: dal rifacimento del San Paolo allo spostamento in un nuovo Collana, dal progetto Bagnoli fino al nuovo stadio a Caserta, chiedendo ai tifosi addirittura di cambiare provincia per assistere a una partita della squadra del cuore. Tutto come da copione, con il solito ritornello dello «stadio non a norma» da ripetere a inizio di ogni stagione con l’improbabile minaccia di trasferire la squadra nella “vicina” Palermo per le gare europee.
L’ultimo disegno, però, riguarderebbe Melito, ridente frazione della provincia stretta in un caos suburbano e che sembrerebbe essere destinazione designata per il nuovo impianto. Non solo, perché con il nuovo stadio sarebbe lì che De Laurentiis avrebbe in mente di costruire anche la Cittadella azzurra, quella della «Scugnizzeria» annunciata una decade fa ma che per ora vede le giovanili azzurre vagare tra i campi di provincia. Ad assicurarlo, Antonio Amente, sindaco di Melito con i democratici la scorsa estate, già in passato primo cittadino (ma col centrodestra).
«Ho parlato con De Laurentiis più di una volta, abbiamo un rapporto di amicizia, potremmo costruire a Melito sia lo stadio che la cittadella azzurra», aveva dichiarato Amente negli ultimi giorni del 2017, irrompendo come pochi sulla scena del dibattito San Paolo. Le aree di possibile destinazione, ad oggi, non sono ancora state svelate – «Incontrerò De Laurentiis in massima segretezza la prossima settimana», ha annunciato qualche ora fa il sindaco -, ma sembra difficile poterle riportare tutte alla cittadina melitese.
Nelle ultime stime (2012-2013 – Università Federico II), Melito ha fatto registrare un tasso di urbanizzazione superiore al 90%. Difficile pensare, dunque, che lo spazio restante si ritrovi tutto nella stessa zona e sia possibile destinarlo ai progetti azzurri. Le uniche due aree ancora non occupate da costruzioni, inoltre, sembrano avere più di un vincolo: la prima si troverebbe, secondo i registri, su un alveo fognario che parte dalla zona Camaldoli, passa per Melito e continua in direzione Grumo Nevano, area dichiarata a rischio idraulico – e quindi incompatibile – nel 2014, la seconda viene tagliata dal passaggio di un nodo stradale che renderebbe impossibile qualsiasi progetto.
Un disegno pressoché irrealizzabile, senza pensare che le due aree prese in questione non sono di proprietà del Comune ma di privati, e che un progetto di costruzione comporterebbe problemi tanto al Puc (piano urbanistico comunale) quanto al Piano regolatore generale: la legge, infatti, prevederebbe per quelle aree una «destinazione agricola» che contrasterebbe quindi con la possibilità di edificazione (per norma, l’indice di fabbricabilità previsto non corrisponde di certo a quello di uno stadio o di una cittadella sportiva).
Nelle ultime ore, però, le parti sembrano aver corretto il tiro. La zona individuata per lo stadio sarebbe situata tra i comuni di Melito-Casandrino-Arzano mentre quella per il centro sportivo tra Melito e Mugnano. Comuni con caratteristiche simili a quelle individuate fin qui e che mettono insieme circa 125mila abitanti in pochi chilometri (Istat 2016). Come consentire l’eventuale arrivo di tifosi (circa 40mila quelli previsti) nella zona del nuovo stadio senza la paralisi quasi completa delle arterie stradali?
Forse, prima ancora di mettere mano al portafogli, ci si dovrà guardare intorno per capire quanto Napoli e il Napoli avrebbero bisogno di una nuova casa, con sullo sfondo il progetto delle Universiadi 2019 che sembra sempre più un salto nel buio. Forse, solamente, si è di fronte all’ennesimo capitolo di una storia che nemmeno appassiona più e di cui si aspetta soltanto il finale.
From: Il Mattino.