Il retroscena del fallimento Italia: i giocatori volevano Insigne e 3-4-3


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Quel 2 settembre ha cambiato l’Italia. Tre a zero a Madrid, contro la Spagna, con quel modulo a viso aperto proposto dal ct Gian Piero Ventura. Italia troppo spavalda, poco adatta ai guerrieri che aveva addestrato Antonio Conte e che tanto avevano fatto bene all’Europeo di Francia. «Dopo quella sera c’è stato un blocco psicologico. La sconfitta con la Spagna ha minato le nostre certezze e la nostra sicurezza. Pensavamo di essere a un livello superiore a quello che siamo. Ci siamo portati dietro le scorie di quella partita al Bernabeu che ha minato le nostre convinzioni, ci ha tolto personalità e spensieratezza», l’analisi lucida di Gigi Buffon, il capitano ritirato dopo l’eliminazione contro la Svezia. Dopo quella sera, Ventura non è stato più lo stesso nei confronti dei calciatori, e viceversa. I così detti senatori hanno chiesto al tecnico di cambiare forma alla Nazionale: di renderla più sicura. Ventura non era d’accordo, stava perdendo la leadership. «Fai come vuoi, allora», è stato detto al tecnico. Che poi ha proposto il 3-5-2 ma molto confuso.
ZUPPA DI MACEDONIA
La sfida con la Macedonia del 6 ottobre, al Grande Torino, ha confermato che la situazione era ormai irrecuperabile. Il commissariamento non funziona. I giocatori si impongono a parole, questo sì, e la riunione dopo il pari di Torino lo dimostra: quel giorno, Buffon, Barzagli, Chiellini e Bonucci (De Rossi non c’era per infortunio) hanno spiegato al gruppo come la Nazionale doveva essere rispettata e onorata, che doveva stare al di sopra di ogni polemica. Concetti condivisibili e il gruppo intero li ha condivisi. Ma poi in campo non è cambiato nulla. Ventura ha vissuto ai margini, le scelte sono state poco condivise. Ognuno per conto suo, insomma. L’Italia non è stata più la stessa. Fragile, debole, con poco futuro. Confusa.
COMMISSARIAMENTO
Troppo enorme la distanza tra la gestione tecnica e il gruppo, troppo debole la dirigenza per frenare una situazione decadente. L’immagine di De Rossi che discute con il prof Gianni Brignardello è la foto di tutta questa situazione: Daniele ha spiegato come gli fosse venuto spontaneo suggerire il cambio migliore all’allenatore e poi ha chiesto scusa. Il potere del ct ormai era nullo: De Rossi è finito con lo scavalcare il suo allenatore e il suo allenatore ha fatto la figuraccia agli occhi del mondo. Ma le colpe non sono di De Rossi, lucidissimo tecnico.
COMPROMESSI
Ormai era tutto sbagliato. Le parti erano distanti. Sempre più. L’ultima: alla vigilia della partita, la squadra chiede di giocare con il 3-4-3, ma Ventura non è d’accordo. Si arriva al compromesso: 3-5-2, con Florenzi a sinistra per elasticizzare il sistema di gioco. Ora la forza dei senatori verrà meno: De Rossi, Buffon, Barzagli e forse Chiellini salutano il gruppo della Nazionale e non parteciperanno al nuovo corso. Se ne vanno dei campioni, con tutto il loro peso specifico. Ci vorrà un allenatore vero. Un comandante alla Conte, seguito da tutti, grandi e piccini. Al quale non dovranno piacere i suggerimenti. In Figc si è pensato che questa fase di traghettamento poteva almeno portare l’Italia a guadagnarsi la qualificazione. Ma se un allenatore viene sfiduciato dai big, non è più credibile anche verso i più giovani e il più delle volte si va a sbattere. Chiediamoci se tutto questo poteva succedere con Lippi, a Conte. Mai. Non ce ne sarebbe stato bisogno.

From: Il Mattino.

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