Tra i due stima e amicizia storica. Quel divorzio milanista che brucia
C’è un bel pezzo di Milan (in un ristorante di Brera Adriano Galliani e amici hanno esultato ai rigori come a Manchester 2003) che mercoledì notte ha partecipato felice alla festa del Napoli e al primo trofeo da allenatore sollevato da Rino Gattuso. È stato un moto spontaneo, ispirato dal cordone ombelicale che ha legato Gattuso e la sua famiglia al mondo rossonero, ma reso ancora più struggente da un processo inevitabile di revisione storico-calcistica sul passato di Rino vissuto sulla panchina del Milan. La sua precedente esperienza di finale di coppa Italia, sempre al cospetto della Juve, era stata una voragine aperta da una delle rare incertezze di Donnarumma, nella quale era precipitata tutta la gioventù imbelle del gruppo che Gattuso stava faticosamente trascinando a un passo dalla Champions.
Adesso una fetta consistente di quello stesso Milan coltiva rimorsi per aver liquidato l’esperienza nella presuntuosa convinzione di dover inseguire chissà quali traguardi estetici. Il divorzio-senza alimenti, chè Rino rinunciò al suo stipendio in cambio della decisione del club di liquidare il dovuto al proprio staff – fu responsabilità diretta di due fattori: 1) il rapporto conflittuale con Leonardo (e Maldini), seguito al derby di ritorno e incentrato sulla qualità del gioco; 2) il piano industriale dell’azionista, che prevedeva scelte di secondo piano e un no deciso a elementi di comprovata cifra tecnica.
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