Di Francesco snobba il Napoli: «Juventus, la squadra da battere»


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«Il destino ha voluto che tornassi a Roma, un’esperienza unica che sto seguendo con entusiasmo e voglia». Parole d’amore quelle di Eusebio Di Francesco ospite a Firenze al Festival del Calcio, il tecnico affronta con lucidità tutti i problemi sorti da giugno ad oggi nell’allenare in una pizza come quella romana, facendo un parallelo con gli anni passati a Sassuolo: «Il disincanto non è sinonimo di vittoria. Sono molto distaccato da altre dinamiche, se dovessi andare dietro alle chiacchiere farei ancora più errori. Non si vince sbagliando, ma si vince sbagliando meno. Il tempo è fondamentale per trasmettere un’idea di gioco. Per far crescere un’azienda ci vogliono anni, figuriamoci una squadra di calcio. Ricordiamoci di Sarri e delle difficoltà da lui avute inizialmente, va dato merito a chi lo ha aspettato». E a proposito del Napoli, Di Francesco sta preparando la grande sfida di sabato sera tra infortuni e assenze a causa della sosta per le nazionali: «Non sarà una partita fondamentale, la squadra da battere resta la Juve. Roma e Napoli sono quelle che si sono avvicinate di più, la Roma ha cambiato molto, in primis l’allenatore, ma non vuol dire che siamo meno competitivi». 

IN ATTESA DI SCHICK
Pronti via, Eusebio si trovato davanti oltre allo scetticismo della piazza quello di alcuni calciatori – vedi Dzeko – che in un’intervista si è lamentato per il modulo che non lo vedeva abbastanza al centro del gioco: «Ha sbagliato, ma al di là di Edin, per dare forza a un lavoro ci sono i risultati. È giusto esprimere il proprio giudizio con rispetto, non molti l’hanno fatto. Schick? Mi farebbe impazzire anche poterlo allenare. Le cose migliori alla Sampdoria le ha fatte partendo dal centrodestra. Non sto a dire in che ruolo giocherà, magari cambierò qualcosa a livello tattico ma è un attaccante, non solo una prima punta. È un giovane e va aiutato». Di Francesco non è un tecnico attento ai numeri, preferisce lavorare d’istinto e ascoltare i calciatori: «Per me l’unico analista è l’allenatore, il copia e incolla non esiste. Quando ho cambiato posizione a Nainggolan in Milan-Roma mettendolo messo addosso a Biglia, ha trovato più motivazione vedendo quanti palloni in più ha toccato. Si può parlare di bravura o di fortuna, ma a volte l’immediatezza nell’interpretare certe cose fa la differenza».

From: Il Mattino.

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