Maurio Sarri lancia la corsa. La corsa alla Juventus imprendibile degli ultimi anni, alle milanesi che stanno tornando. Persino al suo Napoli, che «lascia segnali di crescita evidenti. È giusto essere ottimisti, la sensazione di miglioramento in mè è chiara, lo dico pensando anche alle avversarie».
L’allenatore azzurro si lascia andare dalle colonne del Guerin Sportivo, all’alba di una stagione, la prossima, che per il Napoli potrebbe essere quella della definitiva consacrazione alla ricerca di un trofeo che darebbe nuovo lustro all’intera città.
«Posso crescere anche io insieme alla squadra? Me lo auguro visto quello che ho vissuto negli ultimi anni», le parole dell’allenatore toscano. «La mia elasticità è cambiata rispetto al passato, non mi attacco più ai moduli e penso solo al nostro modo di giocare».
Proprio il gioco è la carta migliore di Sarri, un’arte da coltivare e che ha fatto conoscere il Napoli in giro per il mondo in quest’ultimo biennio. «Non è un gioco dispendioso il nostro, lo dicono i numeri. Il calcio che amo è applicazione e divertimento e se ti diverti accusi meno la fatica. Il bambino che è dentro ogni calciatore non va mai spento. Non ho segreti, ma le mie idee cerco di trasportarle nel modo di giocare. Nella vita non amo aspettare, cosi anche in campo».
La carriera di Sarri trova a Napoli il suo punto più alto, ma parte da lontano, dai campi dillentantistici e dagli uffici di banca. «Conosco tanti colleghi nel mondo dillentattistico che con un po’ di attenzione in più avrebbero avuto un destino diverso. Il mio amore per la panchina è sbocciato dopo Sacchi, lui è stato un innovatore. Ma la storia non la fa solo chi vince: penso alla grande Olanda che resta sui libri di tutti noi».
Ma al passato Sarri non ci pensa più, perché col Napoli ora c’è una missione da compiere. Lo scudetto non è più una chimera, ma un obiettivo vivo nella testa di tutti gli azzurri. «Insigne ha numeri straordinari, è determinante in Italia e in Europa, Zielinski ha le stimmate del fuoriclasse, Diawara e Rog possono decollare. Milik? È un libro tutto da scrivere». Gli occhi del toscano restano al presente, perché guardare più in là del proprio naso sarebbe complicato: «Sono attaccato all’Italia, ma se devo pensare all’estero penso alla Spagna, ha il calcio che piace a me. Inghilterra e Francia mi attirano. Ma è normale, dopo essere passati a Napoli, pensarsi all’estero».
From: Il Mattino.