C’è questo genietto georgiano che per il momento viene amato sulla fiducia ma anche in base a qualche bel gesto mostrato qui, all’ombra degli abeti e dei larici della Val di Sole. La nota lieta è Khvicha Kvaratskhelia, feeling anche linguistico con Spalletti (parlano in russo, perché uno ci ha giocato e l’altro vi ha allenato, allo Zenit) scattato fin dall’inizio. Tre giorni di riposo, poi tutti si ritrovano a Castel di Sangro, per la fase 2 della preparazione estiva. «Abbiamo trovato qui l’entusiasmo e la disponibilità che ci volevano per trovare poi l’energia per iniziare il campionato nella maniera giusta», dice Spalletti nel saluto finale. I calcioturisti hanno regalato una grande cornice di pubblico a ogni allenamento: dal 2011 Dimaro è sede del ritiro azzurro, un giro d’affari non di poco conto per questa valle ma non è detto che tra un anno il Napoli sarà qui. Il rapporto è in scadenza, ma proprio in questi giorni si sta decidendo se rinnovarlo ed è probabile che accada. Ma non è facile l’intesa e al momento gli organizzatori del Trentino sono cauti: «C’è stato il Covid anche per noi…», sussurra Marco Katzemberger, l’assessore di Dimaro che tratta il nuovo contratto con De Laurentiis.
Luciano Spalletti è giù di corda. Certo, affabile con i tifosi a cui non nega mai un autografo, un sorriso o una foto. Ma è chiaro che questo non assomiglia al Napoli che ha preso in mano tredici mesi fa. Non ci sono leader, non c’è esperienza, i veterani sono pochi, della vecchia guardia sono rimasti due o tre: un gruppo giovane e sicuramente brillante. Ma è quello che voleva? Non è atteso da una semplice gestione dello spogliatoio. Il club ha sposato la linea verde e serve avere ogni giorno un istruttore, un maestro di calcio, qualcuno a cui piaccia insegnare, spiegare, ripetere e ripetersi. E non solo la tattica o la strategia. Pure cose elementari. Baldini e Domenichini sono al suo fianco: ieri non hanno risparmiato l’ultimo arrivato, Leo Ostigard. Che è rimasto per una ventina di minuti solo sul campo di Carciato, con i tecnici dello staff: «Sali, scappa», ripetevano all’infinito al difensore. Ed è sostanzialmente la formuletta magica che i difensori devono apprendere. È stata una specie di primo giorno di scuola per il norvegese che, quindi, deve andare a ripetizione di quella esasperata ricerca della perfezione dei movimenti tra tempi, chiusure, scivolamenti e coperture difensive che tanto care stanno a Spalletti e ai suoi cavalieri della tavola rotonda. Mathias Olivera si è visto poco: quasi sempre da solo, per via dei postumi del problema al ginocchio. L’impressione, anche alla luce dei ritardi sul mercato, che a Verona la coppia di difensore titolari sarà composta da Rrhamani e Juan Jesus e sulle fasce di saranno Rui e Di Lorenzo.
Il vero termometro dell’umore popolare sarà Castel di Sangro. Ma qui De Laurentiis ha capito che il suo gradimento è davvero ai minimi storici. Deve interrogarsi su cosa fare per ricucire la distanza: i fischi la sera della presentazione, da parte del popolo dei vacanzieri-tifosi, devono far riflettere. E il patron riflette. In dodici giorni di allenamento si è intuito come ci sia una gran voglia di 4-3-3: a gestire i ritmi iniziali sono sempre i due centrali e il playmaker basso, soprattutto se si gioca con il 4-3-3, modulo che Spalletti ha più abbozzato nelle prove. Osimhen è in ritardo nella condizione ma non preoccupa: piuttosto continua a impiegare la maschera protettiva, perché ha ancora un po’ di timore.
Bene Di Lorenzo, ma anche Lobotka, Rrahmani, Mario Rui (quanti applausi per il portoghese). Sottotono Zielinski e Lozano (meglio Politano, che ieri è uscito dolorante dopo l’ultimo allenamento prima della partenza). La sensazione è che non ci sarà spazio per Gaetano, Zerbin e Ambrosino: lo step da fare sembra ancora troppo grande. La filosofia appare chiara: il Napoli di Luciano sarà una squadra destinata a offendere e con un dna offensivo: Spalletti vuole più o meno lo stesso giochino, con 6-7 giocatori pronti a riversarsi nella metà campo avversaria per provare a dominare la partita e l’avversario. Perché lui, Spalletti, non cambia mica.