Lo sfogo di Allegri ​è senza vergogna


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È nervoso, l’allenatore della capolista. Con una battuta fin troppo facile potremmo dire che non è abituato a perdere e neanche a pareggiare.
Ma ricordando che è un vincente rischieremmo di nobilitare la sua protesta, che invece di nobile non ha proprio niente. È nervoso e si lamenta, l’allenatore della squadra più riverita d’Italia, perché per una volta le regole sono state applicate esattamente come prevede il manuale. Perché un suo calciatore è stato espulso dopo due fallacci, sacrosanta espulsione agli occhi di tutti ma non ai suoi: forse, chissà, non se lo aspettava questo gesto poco natalizio da un conterraneo, l’arbitro Banti, un livornese come lui. Sì, un concittadino dell’allenatore chiamato ad arbitrare la partita forse più tosta che la squadra strisciata si sia trovata a giocare nelle ultime settimane: però tutti zitti, fino al fischio finale, tutti zitti tranne lui, l’allenatore illuso e tradito che ha dovuto addirittura ingoiare un controllo Var che gli ha negato il gol della vittoria a pochi minuti dalla fine. Troppe regole rispettate, troppo rigore, troppa pedanteria per incartare il pareggio e andare a casa come avrebbe fatto un allenatore qualsiasi, uno normale. Lui no. Lui perde la pazienza, cercate di capire: non è bello arrivare a 50 punti in 18 partite e non riuscire a goderseli perchè qualcuno ha deciso – per una volta almeno – che c’è un altro modo di condurre il gioco. Non è piacevole laurearsi campione d’inverno e rendersi conto che, intorno a te, il mondo comincia a girare come non crederesti mai.
Povero allenatore della squadra più coccolata e rispettata nella storia del calcio. Doversi accorgere che non solo in Europa, persino in Italia gli arbitri possono avere qualcos’altro al posto del cuore. No, non la spazzatura: la conoscenza dei regolamenti. Una sorpresa talmente incredibile che per giustificarla è necessario un ragionamento cervellotico (per non dire contorto): è necessario prendersela con «i presidenti delle altre squadre» che fanno «esternazioni che rischiano di creare un clima non consono». Tradotto (e ci vuole davvero uno sforzo notevole): mannaggia al presidente del Napoli che ha polemizzato per il fatto che ad arbitrare Inter-Napoli sia stato chiamato Mazzoleni. Uno di Bergamo, 50 chilometri da Milano. Per tacere delle decine di ricordi brutti, anzi pessimi, che ci legano a lui. E non per colpa nostra.
Invece di ieri – al di là di quella che è stata la nostra prestazione a Milano, su cui siamo certi che l’allenatore nostro, uno che non cerca scuse e non dà alibi a nessuno, saprà riflettere – di questo strano Santo Stefano a base di struffoli e pallone una cosa ricorderemo: di come la sostanziale correttezza delle scelte dei due fischietti sotto osservazione abbia garantito la regolarità dei risultati (anche se, diciamolo, l’espulsione di Koulibaly è arrivata come un colpo al cuore, tanto più che il nostro Angelo nero aveva sopportato assurdi cori razzisti non sanzionati). Segno che attirare l’attenzione davanti a ingiustizie palesi o potenziali è legittimo e anche necessario (e soltanto noi tifosi azzurri sappiamo quanto ne avremmo avuto bisogno e quanto lo abbiamo atteso nello scorso campionato). Segno che neanche il luogo di nascita può non essere importante, quando l’arbitro scende in campo in buona fede (anche se certe ambiguità andrebbero comunque evitate). Poi certo, tutto è opinabile, e può avere ragione anche chi legge nell’espulsione del nostro difensore di punta proprio un «dispetto» a De Laurentiis per le sue dichiarazioni: il fantasma di Firenze, purtroppo, non è mai morto. A boxing day finito, e in attesa dell’ultima partita di un anno che per noi più sfortunato non si poteva, all’allenatore nervosetto ma tanto, tanto fortunato consigliamo di riascoltarsi, oltre che di rivedere una per una – per esempio – tutte le immagini dei rigori assegnati (alla sua squadra) e di quelli negati (alle altre). Non ci piacciono i piagnistei, perciò non ne faremo neanche adesso che ce ne torniamo a casa con un divario che – anche a causa dell’espulsione di Kk – invece di accorciarsi si è allargato ancora. Ma frasi come «non è elegante fare certe dichiarazioni» perché «dobbiamo essere noi a educare i tifosi, altrimenti «se succedono incidenti ci lamentiamo se si mettono in mezzo i bambini», dette da uno che con altrettanta facilità dice di non accorgersi dei cori razzisti che si levano ininterrottamente nel proprio stadio contro le tifoserie avversarie, sinceramente non si possono sentire.

From: Il Mattino.

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