Orazio diceva: «Niente dà la vita ai mortali senza una grande fatica». E figuriamoci se senza grande fatica arrivava qualcosa ai napoletani, storicamente abituati non solo ad essere più mortali degli altri ma a doversi andare a prendere da soli, a qualsiasi costo, quello che serve per la vita e la sopravvivenza. A questa legge darwiniana non fanno eccezione i rappresentati calcistici della città che ieri sono andati fino a Milano per prendersi quello che a loro spettava. Che non sono tanto i tre punti quanto l’autorevolezza di poter dire Siamo qui in cima alla classifica perché siamo forti noi, non perché fanno schifo gli altri. Sì, perché il rischio di considerare il momento azzurro una conseguenza favorevole di eventi sfavorevoli altrui è concreto ma era ed è altrettanto concreto pure il valore del Milan contro cui il Napoli ha fatto la partita perfetta.
Sono i campioni d’Italia e la squadra, dicono, più in forma del campionato. E il Napoli ha avuto l’umiltà di riconoscerlo. Soffrendo, quando necessario. Resistendo, quando si è reso indispensabile. Rifugiandosi in Meret quando non appariva percorribile altra strada. Ed è stata la scelta giusta perché, come diceva Orazio, quando il sacrificio è grande, la ricompensa è certa. E il rigore, premio della sorte per Kvaratskhelia che pur non avendo segnato ha messo il timbro sulla vittoria di ieri, ha dimostrato che se sai soffrire sai pure vincere. Non era facile resistere alla reazione rabbiosa del Milan dopo il pareggio rossonero. È stato un assalto. Ma il Napoli ha retto l’onda d’urto come si fa con gli scioperi del trasporto pubblico: con tenacia, forza d’animo, capacità di incassare.