«Geister». In tedesco «fantasmi» si dice così. Perché quelli che stanno aleggiando attorno a Carlo Ancelotti sono proprio quelli di Monaco di Baviera, quando l’allenatore di Reggiolo si vide mettere alla porta (più o meno garbatamente) da un manipolo di senatori dello spogliatoio. Le malelingue parlano di un rapporto logoro tra Carletto e i suoi giocatori, tutti insoddisfatti di metodi di allenamento poco condivisi e soprattutto dalla gestione a «conduzione familiare» imposta dall’allenatore.
LEGGI ANCHE Caos Napoli, ecco la banda dei cinque che ha rotto il fronte azzurro
LE CREPE
I calciatori, anche quando smettono di giocare e diventano opinionisti tv, allenatori o semplicemente addetti ai lavori, dicono tutti la stessa cosa: «Lo spogliatoio è una sorta di tempio sacro: quello che succede lì, rimane lì», eppure i fatti di martedì sera dopo il pareggio degli azzurri contro il Salisburgo hanno impiegato pochissimo a diventare di dominio pubblico. Una fuga di notizie veloce come il vento e che non ammette smentite: i giocatori si sono letteralmente rifiutati di andare in ritiro e l’allenatore non ha fatto altro che prenderne atto. Carletto e il suo staff non hanno disubbidito alle decisioni presidenziali e hanno trascorso la nottata di martedì a Castel Volturno, ma seppure fosse lui il leader – calmo – dello spogliatoio, non è riuscito a imporre la linea societaria. Un gesto di debolezza: così l’hanno interpretato i più cinici, che hanno visto nella decisione forte dei calciatori una delegittimazione bella e buona dell’autorità dell’allenatore. Ma che il rapporto tra Ancelotti e il gruppo non godesse di ottima salute si era iniziato a percepire già da un po’. Il primo segnale evidente a Genk lo scorso 2 ottobre con la doppia esclusione – contemporanea – di Insigne (il capitano) e Ghoulam (nonostante la povertà di terzini di ruolo a causa degli infortuni). Un gesto fermo per dimostrare al gruppo la leadership che evidentemente gli stava già sfuggendo di mano.
I PROBLEMI
Ma al di là delle frasi di facciata, delle frecciatine e del «volemose bene» tanto sbandierato da allenatore e calciatori, il rapporto tra le parti non è mai apparso solido. Tra le responsabilità accreditate a Re Carlo, quella dell’eccesso di potere concesso al suo staff, ritenuto poco pronto e non all’altezza della situazione da parte dei giocatori. Davide Ancelotti – 30 anni – non sembra aver mai convinto come vero vice dell’allenatore. Non tanto per l’età anagrafica, ma per il fatto che la sua credibilità è sempre stata minata da quel cognome così pesante. La sua carriera, d’altra parte, non è stata fondata sulla gavetta, ma sulle opportunità che papà Carlo gli ha servito inserendolo nel suo staff. E in tal senso non sembra essere un caso che gli stessi problemi di Carlo a a Napoli siano arrivati anche a Monaco, prima vera esperienza di Davide da vice allenatore di suo padre. Come se non bastasse, poi, anche la presenza di Mino Fulco (genero dell’allenatore) e di Francesco Mauri (figlio dello storico preparatore di Carletto e grande amico di Davide) contribuisce a rendere il clan degli Ancelotti sempre più presente e inviso a buona parte dello spogliatoio che più di una volta ha avuto qualche contrasto con lo staff.
IL FUTURO
Ora, però, tutto passa nelle mani di Ancelotti che mai come in questo momento dovrà dimostrare di essere davvero Re Carlo. Non si diventa leader calmo per caso e adesso è il momento di tirare fuori gli attributi. Durante una lezione dell’anno scorso all’università Vanvitelli sulla gestione del gruppo (che a detta di tutti rappresenta il pezzo forte del repertorio di Ancelotti), l’allenatore del Napoli non fece giri di parole: «Bisogna avere credibilità quando si parla: il momento difficile a Napoli non è ancora arrivato, ma arriverà. Ogni qual volta succede in generale i presidenti mi chiamano e mi dicono devi usare la frusta. Gli ho sempre risposto che hanno sbagliato indirizzo: non è nelle mie corde avere un atteggiamento autoritario. Se uso la frusta non sono credibile», per aggiungere. «Ho sempre detto ai miei calciatori: Non voglio esecutori di ordini, quelli sono soldati. Ma noi dobbiamo giocare a calcio, non fare la guerra». E ora? Il contratto di Ancelotti con il Napoli scade nel 2021, ma questa può essere la stagione più importante. A maggio con De Laurentiis si inizieranno a tirare le somme e solo allora si potrà fare chiarezza su quello che sarà il futuro dell’allenatore che nonostante qualche indiscrezione senza fondamento filtrata ieri resta ancora saldamente alla guida del Napoli. Intanto ha indossato la tuta dei Ghostbusters: la caccia ai fantasmi è appena iniziata.