Inviato a Castel Volturno
L’amore tra il Napoli e Carlo Ancelotti è finito. Dopo il Genk scorreranno i titoli di coda sulla sua avventura in azzurro iniziata il 21 maggio dello scorso anno alla Filmauro. Comunque vada questa sera. Salvo un improvviso e inatteso contrordine. Ora c’è solo da scegliere la forma dell’addio: esonero, dimissioni (ma lui ripete a tutti «non lo farò mai») o rescissione consensuale del contratto. La permanenza è ipotesi assai remota. Il club ha tra le mani il suo successore, anche se non è stato semplice trovarne uno: è Rino Gattuso. Non c’è ancora un’intesa totale perché «Ringhio» vorrebbe un contratto almeno fino al giugno del 2021 mentre De Laurentiis offre sei mesi secchi. Alla fine il patron lo potrebbe accontentare. Con bonus legati alla conquista della zona Champions.
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CAPOLINEA
Ancelotti parla come uno che sa che il suo destino napoletano è compiuto. Dice di non pensare alle dimissioni, ma ne è tentato. È troppo signore per non pensarlo. Magari dopo una vittoria spumeggiante con il Genk e la conquista del primo posto nel girone di Champions. Di sicuro, se stasera non dovesse dire addio, De Laurentiis chiederà domani di incontrarlo e in quel momento preciso il destino del tecnico sarà segnato. Difficile un cambio di strategia da parte del presidente, ormai il dado è tratto. È la resa dei conti. Da domani arriverà il momento di parlare di denaro, di buonuscite, di gestire l’addio. Anche dei suoi collaboratori. E per Carlo, dopo, si potrebbe profilare un clamoroso ritorno in Premier, all’Arsenal. Una soluzione che lo tenta e non poco. Ma intanto sono ore delicate con le due parti che camminano sulle uova, evitando dichiarazioni avventate. Lui ieri ha gestito l’allenamento senza dare segnali particolari alla squadra. Ancelotti glissa su ogni cosa ma niente e nessuno riescono ad attenuare i cannoneggiamenti su Castel Volturno. Carlo articola i suoi pensieri: non si dice sorpreso dalle voci dell’esonero e non nega di aver compreso che la fiducia di De Laurentiis è terminata. Dopo il Genk si cambia e tutte le piste vanno in questa direzione.
LO STRAPPO
Il sospetto è che il momento di rottura sia stato la gestione dell’ammutinamento da parte di Ancelotti: De Laurentiis imputa al suo allenatore la scarsa leadership mostrata nello spogliatoio in quei minuti concitati. Sarebbe dovuto toccare a lui prendere la squadra e imporre il ritiro a Castel Volturno. Mettendo la sua gloria e la sua leggenda davanti a tutto. Non lo ha fatto. De Laurentiis non si aspettava tanto da questa stagione, al di là dei proclami di questa estate aveva messo in preventivo un campionato da «fine ciclo». Ma non così. Ed è per questo che ha a lungo tentennato sull’esonero di Ancelotti e che ancora fino a una settimana fa aveva dubbi se mandarlo via oppure no: meglio tirare a campare fino a questa estate e poi cambiare. Ma così non si può andare avanti e la gara con l’Udinese è stata il vero spartiacque. Ancelotti sapeva che era quello di sabato il test decisivo. E lo ha fallito. Domenica in tanti annunciavano le sue dimissioni, poi l’altolà nel pomeriggio. Oggi nessuno esclude una sua mossa a sorpresa. Che è quello che vorrebbe De Laurentiis. In ogni caso, domani arriverà la decisione delle società. E l’addio appare scontato.
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LA GESTIONE
Hanno pesato in questo ultimo mese le accuse sui blandi allenamenti che i calciatori hanno rivolto allo staff. E non poco. Le multe sono solo un alibi: stanno sul groppone solo a pochissimi calciatori (Allan, Insigne, Mertens) mentre gli altri sanno bene che alla fine si arriverà a una conciliazione (probabilmente il 5 per cento dello stipendio lordo). La questione della crisi tra Ancelotti e De Laurentiis è di natura gestionale e tecnica: la classifica è la cosa che preoccupa di meno, ma è la caduta a picco del valore complessivo della rosa che fa scattare la necessità di dover voltare pagina. Carlo, nonostante il suo ego e i suoi trionfi da Re dicano il contrario, non dà più la sensazione a De Laurentiis (e al suo amministratore delegato Chiavelli) di poter governare la barca. Il punto non sono le nove partite senza vittorie (che pure pesano) ma lo scenario: questo Napoli non ha né capo né coda, non ha gioco, non ha personalità. Può cambiare qualcosa in caso di vittoria travolgente contro il Genk? Difficile. Quella di questa sera sarà molto probabilmente l’ultima gara di Ancelotti sulla panchina del Napoli.
AZIENDALISTA
Confidando sul blasone di Ancelotti e sulla affidabilità di un organico reduce da stagioni di altissimo livello, De Laurentiis ha calibrato la stagione, posticipando la necessaria rifondazione alla prossima estate, da affidare a un tecnico di piena fiducia, un vero istruttore di calcio, un insegnante di tecnica e tattica. Ancelotti non ha mai scaricato le responsabilità di mercato («Do 10 al Napoli») e, invece di denunciare le promesse mancate, ha ripetuto il suo karma preferito: «Sono contento delle scelte fatte dalla società». Ieri ha ironizzato su Ibrahimovic: vero che ha dei rapporti diretti con lui ma anche De Laurentiis ne parla con Raiola di un suo possibile approdo. Anche se prima dovrebbe cedere a gennaio un attaccante. Al dunque: non ci sono più i presupposti per andare avanti e nessuno cercherà di ricucire. Ormai è finita.