Li sta chiamando tutti, uno dopo l’altro. Ancelotti trascorre le vacanze al cellulare confrontandosi con il presidente De Laurentiis e il ds Giuntoli, ma soprattutto ha parlato con loro, gli azzurri, passati in poche ore dal Maestro toscano a Mr. Champions. Un gesto semplice e umile, oltre che interessato: l’allenatore vuole convincere i giocatori ad aderire con entusiasmo al suo progetto.
È preoccupato, in particolare, per le tentazioni che potrebbero esservi per Koulibaly, il colosso d’ebano considerato il pilastro della difesa, Mertens, il bomber delle ultime due stagioni che ha una clausola rescissoria relativamente bassa, e Insigne, il capitan futuro che si è affidato allo scaltro agente Raiola, i cui messaggi («Lorenzo è pronto per fare il capitano del Napoli ma non so se il Napoli lo è») lasciano immaginare che prima o poi arriverà la richiesta di un appuntamento a De Laurentiis per chiedere un ulteriore aumento di stipendio o chissà cos’altro. Meno preoccupato sembra il tecnico per le eventuali partenze di Hamsik e Jorginho, avendo grande considerazione di Zielinski, dodicesimo azzurro nelle gerarchie di Sarri, e Diawara, i cui unici bei ricordi resteranno il rigore segnato in Champions sul campo del Manchester City e la magia contro il Chievo all’ultimo secondo.
Si vedono i primi effetti delle telefonate di Ancelotti. Hamsik e Mertens si dichiarano felici che a Napoli arrivi l’allenatore che ha seminato successi in tutta Europa e Dries aggiunge che vuole vincere in Italia. Lieto di accoglierlo anche Insigne, che intanto sta ricevendo la legittima considerazione da parte di Mancini, il nuovo ct della Nazionale. Positiva questa reazione. Sarri ha scritto pagine importanti della storia del Napoli, portandolo in Champions per tre anni consecutivi, ma è stato lui a decidere di voler chiudere il bel romanzo con quelle perplessità che sono state messe sul tavolo a fine aprile, quando è terminata la rincorsa alla Juve. Maurizio ha avuto il timore di incrinare il rapporto con la tifoseria e di vedere partire alcuni dei titolarissimi schierati in questa stagione. Ancelotti, invece, non ne ha avuti ad accettare la proposta di un club che non ha i fatturati e le rose di quelli che ha allenato da quando è diventato Re Carlo ma che ha forti motivazioni. È allettato da questa sfida e vuole affrontarla anzitutto con i giocatori che sono cresciuti sviluppando il progetto di Sarri. De Laurentiis batte da sempre sul tasto dello sfruttamento di tutta la rosa, fin da quando Reja snobbava il terzino Rullo. Ovviamente lo scenario è tutt’altro adesso, perché le seconde linee sono di qualità, alcune delle quali adeguate alla dimensione della squadra, e infatti alla porta del Napoli hanno bussato dirigenti stranieri interessati ai cartellini di Diawara, Ounas e Rog.
Ancelotti – lo ha confermato il presidente dopo il confronto con il designatore arbitrale Rizzoli alla Federico II su Var e dintorni – è in linea con questa impostazione aziendale. E peraltro ha ricevuto la garanzia che, in caso di addii, vi saranno adeguati sostituti. Ma si parte da questo gruppo che Sarri era riuscito a cementare e a far giocare benissimo: sono risorse che il suo erede vuole sfruttare. Una sua parola, un suo consiglio, una sua rassicurazione possono essere utili in questa fase in cui cominciano ad agitarsi i procuratori dei big, a caccia di un ricco contratto più che di una nuova squadra. A decidere, invece, devono essere De Laurentiis e Ancelotti, valutando quali giocatori potrebbero essere arrivati al capolinea dopo stagioni ad alta intensità. Il presidente è subito entrato in sintonia con l’allenatore e per Carlo, che è nato nella Bassa Emiliana e vive in Canada, immagina un futuro a Napoli lungo non tre anni (durata del contratto) ma dieci. D’altra parte, dodici mesi fa aveva detto che avrebbe voluto a lungo Sarri al suo fianco: «Questa è casa sua, per me lui può rimanere a vita nel Napoli e può decidere anche per un ruolo alla Ferguson». Si è visto come è andata a finire. De Laurentiis non ha voluto assistere a ulteriori temporeggiamenti e ha puntato su Ancelotti, che il ruolo alla Ferguson lo ha effettivamente avuto nei grandi club in cui il lavoro dell’allenatore non riguarda soltanto campo e spogliatoio.
From: Il Mattino.