L’anticipo di ieri con l’Atalanta era la partita perfetta per un sacco di cose. Era la partita della verit per gli azzurri che dopo il pareggio con la Spal dovevano dimostrare a se stessi (e agli altri) di essere ancora e soltanto loro i veri titolari del terzo posto momentaneamente occupato dai bergamaschi. Era la partita dell’orgoglio e della dignit: va bene che non siamo pi belli come quando c’era Sarri, va bene che non siamo pi arrembanti come quando facevamo gol con tremila passaggi consecutivi e per siamo sempre e ancora noi che facciamo divertire il pubblico e gli amanti del bel calcio. Era la partita della commozione e della tenerezza, con il capitano a vita Marek Hamsik per la prima volta in tribuna al San Paolo dopo la lacrimosa e mai superata partenza per la Cina.
Ed era pure la partita della celebrazione del Natale napoletano, quella coincidente con il genetliaco di Diego Armando Maradona. Insomma, le condizioni per una vittoria eclatante ci stavano tutte. E in effetti il Napoli, diversamente da quanto accaduto nelle ultime settimane, era entrato in campo con un atteggiamento diverso: più cattivo, più determinato, più concentrato. Peccato che sia durato solo quaranta minuti, il tempo di far fare un gol di testa a Maksimovic e di far pareggiare i bergamaschi con una papera di Meret. Nella ripresa però Milik segna e nella felicità nessuno fa caso a una circostanza importante e cioè che il gol del polacco arriva a un minuto di gioco profetico, il settantunesimo. Poco dopo, infatti, l’arbitro Giacomelli nega un rigore enorme a Llorente, convalida un gol non regolare all’Atalanta, espelle De Matteis e Ancelotti e se ne torna a casa pieno di jastemme napoletane. Contento lui
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