Per anni, in ogni competizione internazionale, Johan Cruijff si è lamentato del difensivismo italiano, poi venne il Milan di Fabio Capello e gli fece capire che era un concetto vecchio, ora il Napoli di Luciano Spalletti lo storicizza con un sei a uno che è pazzesco, nel suo stadio e alla sua squadra. Ajax che per tutto il primo tempo sembrava l’Estudiantes di Carlos Bilardo, che vinceva e picchiava, poi Giacomo “Rooney” Raspadori con un colpo di testa basso alle spalle di Remko Pasveer, un appoggio ad Anguissa che gli apre il campo, un tiro imprendibile, e un appoggio a Kvaratskhelia, ha distrutto le linee di resistenza – molto alte e molto larghe – disegnate dal coach Alfred Schreuder. Raspadori annulla il vantaggio dell’Ajax e poi ne sancisce la disfatta a inizio del secondo tempo, il resto è moto perpetuo, quello di Anguissa e Lobotka che hanno le chiavi del gioco, la proprietà degli spazi, e il dominio della partita. Poi segnano anche Kvara e prima Di Lorenzo e dopo Simeone, in mezzo c’è il palleggio che diventa possesso dell’anima calcistica olandese, e al centro c’è Raspadori.
La sua è una partita di eleganza e meraviglia, e se Lozano – più sciagurato del Calloni breriano – non si mangiasse gol come tortillas il risultato del Napoli sarebbe da Germania in Brasile. Ma va bene così, soprattutto vedendo come Raspadori dalla Nazionale al Napoli, saltando da un campo all’altro, con nonchalance, abbia incarnato la virilità del gol. Apre al pareggio, rimettendo subito il Napoli allo stesso livello dell’Ajax, poi illumina al centro per Anguissa: un appoggio che è un corridoio di libertà che Zielinski sancisce segnando, poi segna ancora girandosi in porta alla Rooney e infine scambia con Kvaratskhelia mandandolo in gol.
Tecnica, fantasia, generosità, capacità tattica, Raspadori torna a Napoli con un bottino assoluto, con la grazia innata di chi tatua il suo nome sulle partite. Habemus heroa. Un bomber di buonsenso e generosità, che sorride e corre, si spende, suda e non si disperde, anzi, ogni sua palla sembra avere una precisa missione, un destino, che lui indirizza. In una serata del genere, di grande calcio e gioia e gol, uscire da uomo partita significa avere un grande avvenire di pallone davanti. La Champions League non ha solo un’altra musica, ma anche un tempo differente, una fisicità oppressiva, e una emozione straripante, Raspadori sembra sguazzarci dentro da sempre, dirige gli accordi e cuce le zone del campo riparando anche le poche note stonate degli altri, insomma, un suggeritore senza capogiri e un finalizzatore senza vertigini, via dritto, con la semplicità complessa di un salesiano.
La sua partita è un inno alla notte, una chiave di volta, un canto alla bellezza di segnare e risegnare e poi permettere anche agli altri di farlo, due gol e un passaggio e mezzo decisivo, sono una mezza luna che illumina il cammino del Napoli in Europa. Raspadori sa farsi veleno – quello vero, non quello invocato invano da Gattuso – per gli avversari e cura geometrica, neo-pitagorica per i ragionamenti costruttivi spallettiani. Tocchi, dribbling e pennellate.
È la seconda punta pensante e pungente. Come anche Roberto Mancini ha capito. Praterie o angoli ristretti Raspadori ha sempre un colpo per uscirne, una idea per costruirci qualcosa, e se capita anche un estetismo non si dispiace. I suoi sono gol d’autore, che poi diverranno anche memoria, assoli d’audacia, con poco sperpero e tanto cuore.