Fischi si aspetta, Sarri, e fischi avr. Anche se spera che le sue previsioni non si avverino. Ha il Napoli e Napoli dentro e la sua vera fatica farlo capire ai tifosi azzurri che non un tradimento se adesso siede sulla panchina della Juve. In questi giorni che precedono il suo ritorno in quella che per tre anni stata casa sua, lui non ha potuto non pensarci. Mi contesteranno e mi insulteranno, ma non lo merito», confida a chi gli sta vicino. Da nemico sulla panchina della Juventus, Maurizio non si aspetta nessun omaggio. La cosa lo rattrista, ma non può farci nulla. Neppure da quelle curve che mostrarono lo striscione «Maurizio, uno di noi». Lo sa Sarri che non è tanto il suo addio da Napoli che la gente non gli perdona: è l’essere approdato alla Juventus, in «quel palazzo» che lui e i suoi prodi volevano conquistare.
E invece no: Sarri è sicuro che non ci saranno sconti per lui. Il profeta di ritorno non avrà scampo e farà la fine di Higuain, accolto senza alcun coro o ovazione la prima volta che rimise piede al San Paolo. Beata ingratitudine. L’emozione, i sentimenti, la nostalgia canaglia già gli fanno annacquare lo sguardo. «Lo sanno tutti che questa per me non è una partita normale», sospira Sarri mentre rivede sui monitor il Napoli che batte la Lazio. Stasera sarà al Napoli, dove manca da fine maggio di due anni fa: andò via di pomeriggio, proprio nel giorno in cui De Laurentiis formalizzò la separazione. Il comunicato gli fu letto mentre era in auto. Non ci ha più rimesso piede: il suo trasloco venne curato dal figlio Nicolé e anche l’ufficio di Castel Volturno venne svuotato dal braccio destro Ianni. In queste ore, con il lavoro maniacale, sta cercando di difendersi dall’attacco massiccio dei ricordi. Nemico subdolo, sfuggente, capace di infilarti quando meno te l’aspetti. Sì, perché Sarri sa che, nonostante i fischi che è sicuro di ricevere, si emozionerà prima della gara. Ieri è stato tutto il giorno alla Continassa, a cercare di capire come affrontare Gattuso, che stima e rispetta e considera uno degli allenatori più preparati della serie A. Perché, da allenatore della Juventus, domani farà tutto quello che può per battere il Napoli.
L’ultima volta erano in 50mila per Sarri al San Paolo, la notte della vittoria con il Crotone. Il Napoli pendeva dalle sue labbra: la squadra decise di andare in ritiro persino la vigilia dell’ultima gara di campionato, quando in palio c’erano il record di punti e null’altro. Nessuno osò rifiutarsi, tra i fedelissimi giocatori. Altri tempi. Al suo fianco ci sono alcuni dei collaboratori che hanno diviso l’avventura napoletana: Marco Ianni, Massimo Nenci, Davide Losi, Davide Ranzato, Gianni Picchioni. Pure per loro è un ritorno pieno di ricordi. Non ci sarà con Sarri, il cane Ciro. Il meticcio che per dieci giorni Nenci e gli altri dello staff adottarono sui campi di Castel Volturno, sbucato dalla pineta che circonda il centro tecnico. Sarri, poi, se ne affezionò e decise di portarlo a casa sua. In quelle ore, infatti, aveva perso il suo cane a Figline e Ciro conquistò rapidamente il suo cuore. Una gara speciale, per Sarri. Ha letto le frasi di malinconia di De Laurentiis per «la grande bellezza» del suo gioco, ma non dimentica le dure critiche del presidente in quegli anni, la scelta di sostituirlo con Ancelotti «senza attendere il 31 maggio». Non chiedetegli se pensa se De Laurentiis si è pentito oppure no di quello strappo. Dirà che non lo sa. Lui, però, non ha perso tempo: una Europa League con il Chelsea e il primato in serie A. E domani il ritorno in quello stadio che, dopo un anno e mezzo di Napoli di Ancelotti, resta ancorato al ricordo struggente del suo Napoli straordinario.