Napoli, la resa nel suo stadio: quelle lacrime dei nostri eroi


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Quel giro di campo con la testa bassa e gli occhi lucidi. Le
lacrime di Jorginho, lacrime vere di un ragazzo che voleva regalare
un sogno ai suoi coetanei, a una città, a se stesso, e
adesso non trova consolazione. Maurizio Sarri,
l’enigmatico compassato allenatore che prende appunti anche
quando i suoi vanno in gol, stavolta piegato in due sulla panchina,
la testa tra le mani, il dispiacere fatto persona. Ricorderemo
queste immagini, quando vorremo ricordare la domenica della festa
azzurra, questa strana paradossale festa andata in scena nonostante
tutto, nonostante non ci fosse più niente da festeggiare.
Abbiamo perso tutto, niente Coppa Italia, niente Coppe europee,
niente scudetto: zero tituli, come disse una volta Mourinho, quello
del triplete. Zero tituli e un regalo ai non colorati, lo scudetto
consegnato su un piatto d’argento due giornate prima della
fine. Zero tituli ma cori appassionati urlati fino al triplice
fischio e molto oltre, bandiere al vento, cinquantamila abbracci
che non vogliono smettere di trasmettere affetto, sostegno,
energia. Gratitudine. È andata male anche stavolta, ma i
tifosi azzurri proprio non ci riescono a portare rancore, a
contestare questa squadra che ce l’ha messa tutta, che di
più non ha potuto fare. Si festeggia, si canta, ci si
abbraccia perché anche i sogni contano, anche i sogni sono
importanti e meritano rispetto. I sogni, quelli non ce li
può togliere nessuno.

È andata male anche stavolta, e dire che tutto stava filando
perfettamente. Ma l’ha detto anche Hamsik, sia pure a denti
stretti: gli altri, quelli del settimo scudetto consecutivo, hanno
una società più forte. E questo vuol dire tante cose,
compresa una certa riverenza da parte degli arbitri, se così
si può dire. Lo sappiamo, lo abbiamo detto e scritto, ed
è questa consapevolezza a fare male: «Sul campo
meritavamo di più», parola del capitano. Però,
sul campo, a un certo punto è finita la benzina. Questo
è innegabile: e su questo gli arbitri non c’entrano. Non
c’entrano i dieci maledetti minuti intercorsi tra la fine
rocambolesca di Inter-Juve e l’inizio allucinante di
Fiorentina-Napoli, che ci ha costretto a fare a meno di Koulibaly
in due partite (e anche ieri la sua assenza si è avvertita
eccome). Cioè, tutto questo c’entra ma fino a un certo
punto. Poi bisogna fare ragionamenti maturi, parlare delle scelte
dell’allenatore, delle strategie del presidente. Insomma niente
alibi, piuttosto impariamo dagli errori. Per esempio siamo proprio
così certi che sia stato un bene rinunciare a priori alle
altre competizioni, Europa League in testa? Quell’esperienza,
chissà, avrebbe indotto Sarri a sperimentare, provare
rotazioni, cambiare moduli. Avrebbe portato nuovi stimoli. Forse,
chissà.

From: Il Mattino.

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