Insomma, certe sere a San Siro non va bene nulla, uno ci prova e riprova e poi deve arrendersi alla crescita e alla fortuna di Gennaro Gattuso, e allora prova a portare a casa il meglio che ha visto, e quel meglio è il giovane esploratore Malcuit che preme a tavoletta sull’acceleratore e riparte riparte ma non riesce a trovare il varco giusto.
In una sera deprimente, con un Napoli farraginoso, e Ancelotti a contemplare la notte che non è amica per niente. Nella perplessa solitudine però, Kévin Malcuit avanza, strappa palloni e corre verso l’area del Milan, una volta dietro l’altra, trasformando la sua fascia in una autostrada di notte, dribblando anche la nebbia se serve, e imbocca ogni volta il casello che porta a Donnarumma, ma si ferma sempre un attimo prima, perché trova un piede, una testa, un compagno che poi la smista o la rimette male, ed è tutto sbagliato, tutto da rifare. E Malcuit si rimette in cammino verso la sua area, con una pazienza da predicatore, e i capelli biondi da rapper nero, e un principio di tristezza in fondo alle caviglie, quello che hanno sempre i ritorni a piedi vuoti.
Non si fonde il motore di Malcuit e non gira a vuoto come quello di Mario Rui, sembra settato per avere un numero di giri costante, che gli permette di controllare il pallone in movimento e aggiustarselo mentre si muove in avanti, lasciandosi alle spalle Tiémoué Bakayoko e Lucas Paquetá. Un filo di ferro, che non si riesce a piegare, eccolo Malcuit, in una generosa riproduzione di esperimenti e ripartenze, una cellula che genera occasioni o almeno che ci prova di continuo, senza preoccuparsi dello sperpero di sé. Ormai ha acquisito una padronanza dello spazio e del ruolo e si muove con scioltezza, riesce a scendere verso l’attacco e a coprire in tempo (era questo inizialmente il suo punto debole, una marcatura debole in ritorno), regalando non poche certezze difensive a un Napoli molto sbilanciato.
Forse per sostanziale affinità bielsiana (ha avuto Marcelo Bielsa al Lille), Malcuit, pratica il dribbling in scioltezza, e fino alla fine riesce a mettere i brividi a un Gennaro Gattuso che sembra Trapattoni per quanto urla e fischia, e sbraccia e si muove, e all’intera doppia linea difensiva del Milan. Sostanzialmente la partita è un pantano di immobilismo con giocate e aperture di contrabbando, con una bassa produttività di vere occasioni da gol.
Ma sulla fascia destra del Napoli i tentativi si fanno, Malcuit prova a servire palloni e a innescare azioni aprendo corridoio a spinte e strappi, ma trova sponde deboli, appoggi molli, e tiri che non spaventano Donnarumma. L’intero attacco del Napoli che ricordava il Milan delle mezze punte ancelottiano (un omaggio alla sua squadra passata che omaggiava il suo Shevchenko) ha giocato a smozzichi e sempre in modo innocuo nell’area di Gattuso, che questa volta non ha svaccato sul finale, portando a casa un pareggio con punture e bozze ma anche con onore. Non ha fatto grandi giocate e non le ha permesse, e per questo che alla fine uno si ritrova a guardare la buona volontà del giovane esploratore Malcuit, e la sua giusta lotta da difensore che vuole scoprire nuovi spazi, regalarsi direttrici che lo portino ad essere protagonista nel segnare i gol e non nel subirli, tanto che anche Koulibaly che da due anni aspettiamo di vedere come falso nueve è stato tanto in avanti e non solo sui calci d’angolo, trovandosi almeno due volte in condizione di segnare. Da una sera così, e da un pareggio che non serve a niente, si esce con un solo vantaggio: quello sulla partita di Coppa Italia di Martedì, peggio di questa non può andare, e nella quale Malcuit ammesso che giochi potrà far tesoro di quel pizzico di precisione che gli è mancato nell’ultimo passaggio o nei cross.
Sentirà la responsabilità che chiama, in un secondo giro di possibilità, con aggressività e controllo che hanno già misurato il Milan e che ne hanno già visto e pagato amaramente le trappole tattiche. Malcuit eviterà di vagare e a vuoto, potrà concretizzare i suoi slanci di generosità, la sua forza in uscita, il suo tambureggiante ritmo di marcatura, insomma una maggiore coscienza. Rimane la sua ottima partita, con uno spirito superiore alla media, con una ricchezza di palloni giocati anche se poi finiti nella cesta dello smarrimento in avanti. Ha acceso spesso il Napoli, e non è poco, in una sera in cui è mancata la voluttà del gol, anche perché a cercarlo più di tutti era Zielinski e da fuori area.
Malcuit con qualche grossolanità è stato sempre nel gioco, con un principio positivo, nonostante si pedalasse sulla sabbia, una partita brutta e in salita, dove era difficile sfuggire alle pressioni e dove era complicato anche solo generare suggestioni come quelle viste in quella contro la Lazio. Tocca accontentarsi, tenendosi le corse in dribbling di Malcuit, le sue esplorazioni senza grandi risultati, e le inquietudini conseguenti che il pareggio genera in classifica.
From: Il Mattino.