L’azzurro ha pagato un inizio di stagione difficile per tutta la squadra, poi le sue qualità sono emerse
Niente male: Van Dijk (quattro gol), poi Manolas (tre). E ora che il Napoli ha cominciato a muovere una delle sue torri difensive, qualcosa torna, anche in chiave offensiva. Non è stato facile, anzi è parso complicato, emergere dalla diffidenza, superare quella crisi d‘identità che si è avvertita a lungo, pure recentemente, in questo campionato nel quale solo a Cagliari – con Gattuso – il Napoli è uscito dal campo senza subire gol: sono state settimane di «analisi», di rifl essioni, di soff erenza, a inseguire la linea retta di una difesa sistematicamente in affanno. Poi è arrivato il Lecce, quel tracollo ch’è stato utile per guardarsi dentro, e infi ne è rientrato Maksimovic, che a Manolas è servito: Di Lorenzo di nuovo a destra, Mario Rui (o Hysaj) a sinistra, e in mezzo, a far scudo ad Ospina, due colossi, come da previsioni, per non rimpiangere Koulibaly.
Manolas è il difensore più costoso della storia del Napoli, ci sono voluti trentasei milioni di euro per strapparlo (attraverso la clausola) alla Roma; e poi è un profilo internazionale altissimo, rimasto però soffocato nelle diffi coltà strutturali di una squadra che ha avuto bisogno di mesi e di cambiamenti prima di ritrovarsi. Zero gol a san Siro, in coppa Italia, contro l’Inter e Lukaku, e la svolta si può dire che sia cominciata proprio lì, e a seguire, dopo un po’, la conferma contro il Barcellona, aff rontato subendolo soltanto in una circostanza – quella del tap in di Griezmann – e sfruttandolo per accrescere l’autostima.
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