In termini tecnici si chiama castello difensivo: ovvero la capacità di costruire uno schermo davanti la propria porta con uno schema che vede protagonisti più uomini come se fossero torri e torrioni. Forse, questa è anche l’immagine migliore per rendere l’idea di come il Napoli abbia trovato la giusta compattezza in questa prima parte di stagione, ben espressa da pochi numeri. Dopo la gara di Bologna, salgono a 4 su 9 le gare disputate in campo e completate dal Napoli con un clean sheet (ovvero senza subire gol). In campionato, sono 3 su 6 le partite finite con lo 0 nella casella dei gol al passivo, mentre 4 sono le reti subite effettive, oltre alle 3 inflitte a tavolino dalla giustizia sportiva per la nota vicenda del match non disputato dalla Juventus (ovviamente, ancora sub iudice). Questo clean sheet contro il Bologna e le due reti subite poche ore dopo dal Verona al Meazza nel pareggio contro il Milan, hanno anche condotto il Napoli ad un primato: quello di esser la miglior difesa effettiva del campionato, sorpassando proprio la Juve e il Verona (rispettivamente 6 reti subite in 6 gare giocate e 5 gol al passivo in 7 gare disputate), con una media di 0.6 reti subite per match.
L’inizio di un nuovo percorso tattico, con il passaggio da un sistema di gioco a un altro, nel Napoli è conciso con la virata dallo storico 4-3-3 al 4-2-3-1 senza che questa incidesse sugli equilibri difensivi. Il tecnico e il suo staff hanno battuto nel percorso di costruzione su un tasto principale: l’attenzione. Deve essere sempre altissima, quel continuo richiamare dalla panchina «posizioni, posizioni!» da parte di Ringhio è per codificare le diverse posizioni anche in diversi momenti della gara. Con un centrocampista in meno, è uno dei centrali difensivi che deve spezzare la linea dei 4 (Koulibaly) e andare a prendere il pallone rivolto all’attaccante. Questo deve comportare un costante scivolamento anche dei terzini. E per far in modo che la squadra possa sfruttare al massimo tutto il suo potenziale, il baricentro deve esser molto alto.
«Dovete ragionare con una testa sola»: questo uno dei mantra che Gattuso rivolge ai suoi difensori. Ecco perché ci vuole massima attenzione e chi non sta sul pezzo può finire in tribuna. Il Napoli subisce 8.5 tiri a gara, solo l’Inter fa meglio in A, ma di un solo decimale: 8.4 conclusioni subite a partita. Quando non si ragiona con una sola testa, però, ci si scollega e ci si ritrova anche a fare letture sbagliate. È successo in tutti i gol subiti finora dal Napoli: ripartiti tra terzini e centrali gli errori di lettura individuale, frutto di un black out dell’organizzazione collettiva. Basti passare al gol di Lammers dell’Atalanta e a quello di Muric del Rijeka per avere un feedback dell’importanza del coefficiente di attenzione. Tutto questo sfruttando anche la forza fisica e la capacità di contrasto: non è un caso che il Napoli sia la squadra che completi più contrasti a gara del campionato, 18.7. Tackle che, però, non conducono gli azzurri ad esser fallosi (il Napoli è la squadra che commette men infrazioni a partita).