Quattro gare ancora prima del fischio finale di un’annata che si concluderà con l’amaro in bocca e zero trofei. Il Napoli si guarda intorno: la prima stagione con la guida di Carlo Ancelotti è stata un’altalena di emozioni, molti alti prima di Natale, troppi bassi quando la Primavera faceva capolino dietro i primi freddi. La Champions giocata da protagonisti prima, insieme ad un campionato interpretato alla grande fino al giro di boa, poi il calo dopo la qualificazione mancata agli ottavi, la Juve che fugge via e l’Arsenal che dà la mazzata finale.
Carletto già pensa a quello che verrà e per farlo sta provando a mischiare le carte in questo rettilineo finale della stagione. Il 4-4-2 che si vede in campo dallo scorso settembre non è più una certezza intoccabile, molto dipenderà dal prossimo mercato ma già a Frosinone la scorsa domenica l’allenatore azzurro ha provato a mettere le mani su quello che potrebbe essere il Napoli del 2020. Il centrocampo sarà il nodo cruciale: aspettando le novità del mercato estivo, Ancelotti sa bene che gli elementi della mediana dovranno essere di qualità e rinforzare un reparto che nelle ultime settimane ha dovuto fare gli straordinari, anche a causa delle cessioni di Rog e Mertens e dell’infortunio di Diawara.
Allo Stirpe, Zielinski si è trasformato per la prima volta in un regista poco puro ma di sostanza. Il polacco ha agito al fianco di Fabián, ma con lo spagnolo si è vista poco la coppia classica di mediani che il 4-4-2 richiederebbe. Più spesso, invece, soprattutto in fase di uscita con palla al piede dalla difesa, il polacco ha agito da vertice basso di un finto rombo che voleva poi Dries Mertens o Arek Milik come vertice alto prima delle punte. Alla destra di Piotr ha agito un insolito Callejon: lo spagnolo ha giocato molto più da interno, anche favorendo le corse di Malcuit sul lato destro del campo.
Non solo centrocampo a tre, però, perché in fase di costruzione il Napoli ha provato anche ad agire con due punte come Mertens e Younes dietro la prima punta Milik. O sfruttando le qualità dei tagli di tutti e tre: così Dries, dopo l’impostazione poteva scattare tra le linee e superare alle spalle la difesa ciociara, alternandosi a destra o a sinistra, Milik provava a creare spazi per gli inserimenti dei compagni e Younes si buttava nello spazio a sinistra, sua zona di competenza. In più momenti della gara, gli azzurri hanno vestito nuovamente un 4-3-3 che ricorda molto quello visto negli ultimi anni, aiutati anche dalla spinta sugli esterni bassi di Ghoulam e Malcuit che hanno giocato spesso a ridosso della zona offensiva del campo.
In quanto visto la scorsa domenica, fondamentale il ruolo di Amin Younes. Ancelotti, che ha avuto solo parole di elogio per lui e per la prestazione allo Stirpe condita anche da un gol, sta provando il tedesco in vista del prossimo anno. «Sarà quello della consacrazione», ha detto Carletto della prossima stagione dell’ex Ajax, ma per quanto visto a Frosinone non è ancora chiara la trasformazione di Younes. Il tedesco è abituato a giocare in un 4-3-3 che prevede gli esterni di attacco liberi di inventare e tirare (non a caso è stato scelto durante la gestione di Sarri), ma allo Stirpe tendeva troppo spesso ad allargarsi, entrando poco nella fase di costruzione e vanificando spesso la prova con due trequartisti.
Zielinski lo ha pescato di continuo sull’out mancino del campo, dov’era poi libero di giocare l’uno contro uno e di provare la conclusione, ma difficilmente Amin usciva dalla “comfort zone” vestita in questi anni. Altro dubbio è il suo apporto difensivo: contrariamente a quanto visto fare nelle ultime stagioni ad Insigne su quel lato, il tedesco ripiega poco, anzi quasi mai. Non a caso, con l’inserimento di Verdi nel finale, la squadra ha avuto più copertura sul suo lato mancino.
From: Il Mattino.