L’Europa League non è la Champions League. E questo concetto ripetuto più volte rischia di pesare ancora di più nell’anno post-pandemia più complicato di sempre. Pesa soprattutto per i club che l’Europa League la giocano dallo scorso settembre: una competizione lunga – si è ancora ai sedicesimi di finale questa sera -, logisticamente complicata e soprattutto incapace di regalare a chi la gioca la possibilità di un recupero fisico vero e proprio, con le partite al giovedì.
Il Napoli lo sa bene, lo sa bene Gennaro Gattuso che dallo scorso dicembre lancia i suoi in campo ogni tre giorni. Colpa anche dell’Europa League, quella conquistata grazie alla Coppa Italia vinta a giugno: se gli azzurri dovessero passare il turno, si giocherebbe ogni tre giorni anche per tutto il mese di marzo (gli ottavi sono previsti per 11 e 18 marzo), fino alla sosta dei campionati prevista dopo il 21 marzo prossimo.
Fin qui il Napoli ha guadagnato da questa Europa League 9,7 milioni di euro (più il ricavato del market pool che non è ancora calcolabile ma è comunque in calo rispetto a quanto visto lo scorso anno): 2,9 milioni per la partecipazione, 3,2 milioni per il ranking storico, 570mila euro per ogni vittoria e 190mila per ogni pareggio. In più, un bonus da 1 milione per il primo posto del girone e altri 500mila euro per il passaggio ai sedicesimi. In caso di qualificazione stasera, il Napoli guadagnerebbe un altro milione di euro (poi 1,5 per il passaggio ai Quarti e 2,5 per le semifinali). Cifre ben lontana da quelle arrivate nella passata stagione, quando gli azzurri eliminati agli ottavi dal Barcellona avevano messo in cassa ben oltre 50 milioni.