Per Diego. Il derby del sole ha sorriso al Napoli in albiceleste style, tutto in suo onore. Come il poker nel suo tempio, il tempo di D10S: questione di ore e verrà ufficialmente consacrato nel suo nome, lo stadio Diego Armando Maradona. Quattro gol, il primo opera del capitano con una punizione che a qualcuno è sembrata una lontana imitazione, un suggerimento divino: «Insigne aveva un angelo dietro di sé»; «Gli ha poggiato la mano sulla spalla e gli ha sussurrato di metterla sul primo palo», «Lo ha onorato», hanno commentato i tifosi sui social. Poi è arrivato Fabian, improvvisamente rivitalizzato dopo attimi senza luce: «Sembrava una magia»; «Che gol, grande», ha esultato il popolo azzurro. Poi ancora Mertens, pronto a cogliere l’attimo sul rinvio flebile del portiere giallorosso: «Non potevi mancare tu, Ciro»; «Una giornata speciale, dovevi per forza lasciare il segno»; «Anche tu sei napoletano come Diego, hai capito il momento». E infine Politano, in uno slalom alla numero 10: «Incredibile, Matteo. Ma che avete stasera?»; «Mi sono commosso», si legge sul web.
«Io ho visto la mano de D10S, in questa gara c’era proprio lui in ogni gol», «Ha vinto Maradona», ama pensare qualche tifoso. E forse, almeno per un attimo, lo abbiamo pensato tutti. Una grande vittoria, belle prestazioni, eppure nulla in confronto a quelle gesta mostrate sui maxischermi di tutti i campi di Serie A, a voler ricordare il vero senso del calcio, la bellezza, la grandezza, la genuinità: il pallone era semplicemente il prolungamento del suo corpo, giostrato con una naturalezza inspiegabile, quasi come se rispondesse al telecomando della forza del suo pensiero. «Faceva miracoli con quella palla»; «Maradona era il calcio, tutto il resto è solo una brutta copia»; «Un genio così nasce ogni mille anni»; «Irripetibile per ogni sorriso che ha donato, per la sua anima gentile, per ciò che solo lui è riuscito a fare in quel rettangolo verde», commentano i napoletani suoi social, instancabili nell’esprimere amore e riconoscenza a colui che ha donato sé stesso a una città come Napoli, una città che non dimentica.
Eppure la squadra azzurra ha costruito con pazienza il successo: mai ritmi troppo alti, un calcio ragionato stavolta, niente coltello fra i denti come qualcuno aveva chiesto. Un Napoli che con il controllo della palla è riuscito a far arretrare la Roma per buona parte della gara, con Karsdorp e Spinazzola che si abbassavano per una difesa a cinque contro la quale Lozano e Mario Rui cercavano lo sfondamento sulle fasce. E risucchiati in posizione più arretrata anche Pedro e Mhkitaryan. Così dalla metà campo giallorossa il Napoli ha aspettato di trovare il varco per colpire, qualche volta spingendo un giocatore in fuorigioco che furbamente trascinava dietro di sé due difensori avversari per poi trovare il compagno che spuntava da dietro in posizione regolare, pronto all’affondo: uno degli schemi probabilmente provati negli ultimi tempi.
Puntuale la costruzione dal basso con Koulibaly, altro giocatore applaudito dal pubblico, che stavolta non avanzava palla al piede, ma passava al centrocampista. Demme sempre pronto a presidiare la sua metà campo, e poi il gioco intenso di Lozano, le fiammate di Zielinski, e al momento giusto la carica di Insigne hanno reso la Roma una squadra ferma, annichilita. Anche Dzeko al rientro dal covid ha fatto poco o niente. «Il super attacco giallorosso messo ko dal nostro gioco», esultano i tifosi. Dunque per gli azzurri una partita fredda ma efficace, forse diversa dal solito ma comunque in grado di regalare emozioni.
«Maradona avrebbe applaudito», si sbilancia in ogni caso qualcuno. Diego in effetti seguiva sempre il Napoli, e avrebbe di certo gioito per il risultato. Proprio per questo qualcuno ricorda l’augurio fatto a sé stesso e a Gattuso in occasione del suo compleanno, un sogno che sarebbe stato un regalo per lui: «Non c’è due senza tre…», diceva chiaramente in una lettera. Difficile senza Diego. Eppure qualcuno spera: «Forse ora da lassù può davvero farci raggiungere questo traguardo, può stare vicino la squadra e trasferirgli la sua magia».
Intanto in questa occasione i tifosi pretendevano una vittoria importante, per onorare quella maglia che il dio del calcio in persona aveva indossato con orgoglio, regalando gioie, emozioni, dignità. «Onoratelo, sempre»; «C’era magia, spero che non svanisca mai. Per Diego», scrivono ancora in tanti sui social. E in effetti qualcuno era incredulo davanti al risultato di una squadra che da un po’ mostrava difficoltà ad arrivare in rete; ma stavolta, nonostante le assenze, è stato tutto diverso. Dopo le sconfitte consecutive il Napoli si è finalmente rilanciato in campionato, aspettando l’Europa League. «D10S c’è», ha esclamato fiera la città a fine gara.
E in questo clima si fa avanti con forza la richiesta social di giocare sempre con la maglia dal tema argentino, apprezzata sia esteticamente che per il ricordo di Diego, e dopo il risultato anche dai più scaramantici. «Voglio questa maglia ad ogni partita»; «Ragazzi, indossate sempre sta divisa, è bella, ricorda D10s e porta pure bene», si legge sul web. Eppure a quanto pare anche la divisa è quasi una casualità, un altro segno divino: il club ha fatto sapere che era già stata ideata dallo scorso anno, prevista per le occasioni speciali ricordando colui che ha portato gloria al Napoli, e avevano deciso già da tempo di indossarla in occasione del posticipo della nona giornata. E non era manco una novità d’altronde: la maglia stile Argentina fu indossata anche nel 2005-06, quando il Napoli vinse il campionato in serie C, gli anni di Reja col Pampa Sosa, Pià, Calaiò. Tutto già scritto, insomma. Ma alla luce dei fatti recenti, tutto ora ha un nuovo significato, più intenso e importante.
C’è chi ha il dono della fede, chi crede in Dio, nel paradiso, nell’aldilà, e chi no. Ma a D10S, a quelle cose straordinarie che solo lui può, alla sua soprannaturale energia, Napoli crede, ne ha avuto testimonianza diretta. È qualcosa di mistico, ma i napoletani lo hanno vissuto sulla loro pelle e lo hanno saputo tramandare ai figli, a chi non c’era con parole intrise di forti emozioni. Per qualcuno è quasi una religione, roba che forse altrove non potranno mai capire senza la giusta sensibilità: qualche milanese la trova un’esagerazione, qualche torinese addirittura una blasfemia. Ma a Napoli è qualcosa che va oltre, anche oltre il calcio. «Ci hanno criticato perchè lo veneriamo come un dio, ma che ne sanno loro, certe cose non possono arrivare a capirle», ribadiscono i napoletani. Ora testa all’Az, questa volta in trasferta, per rifarsi sul brutto risultato dell’andata. E allora adesso più che mai la città invoca ancora la mano di D10S.