Napoli, sabato la fatal Firenze e Ancelotti fa cambiare l’albergo


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Il ritorno nella fatal Firenze. Il 29 aprile di un anno fa, quello
stadio assomigliava ad una pagina del romanzo di Jonathan Swift,
«I viaggi di Gulliver». Era popolato di lillipuziani,
perché la Fiorentina era staccata di ben 33 punti dal
Napoli, lontanissima persino dalla zona Europa League, senza
particolari ambizioni, con un po’ di tifosi sul piede di
guerra e reduce da un misero punto nelle ultime tre gare (lo 0-0 in
casa con la Spal). Da un lato c’era la squadra di Pioli. E va
bene. Ma dall’altra c’era il Napoli che tutti
guardarono con una punta di malinconia: era d’improvviso un
Napoli piccolo, mediocre, lontano parente della formazione che
aveva fino a quel momento incantato. Spento anche nei suoi diamanti
più preziosi, incapace di variazioni, di fantasia. Sette
giorni prima Koulibaly aveva regalato la vittoria al 90’ sul
campo della Juventus e aveva riaperto la corsa per lo scudetto.
Quella domenica, invece, la partita di Koulibaly dura appena sei
minuti, espulso dal Var per aver steso Simeone al limite
dell’area di rigore. Ma la sera prima era successo
altro.

LO SCUDETTO E L’ALBERGO
Ponte della Vittoria, a due passi dalla Leopolda. La squadra
è tutta nella sala tv dell’albergo scelto per il
ritiro, per vedere Inter-Juventus. Sospira sognando la frenata dei
bianconeri, nella Scala del Calcio: c’è la
possibilità di tagliare un traguardo storico e sono tutti
lì, sapendo che la corsa scudetto passa per San Siro. Va a
finire come tutti sanno. «Abbiamo perso lo scudetto in
albergo» disse Maurizio Sarri dopo aver rimediato il sonoro
3-0 dalla Fiorentina scatenando sarcasmo, ironia, battute, prese di
distanza e tanto altro in un campionario irriverente di offese al
vetriolo: «Solo chi non ha giocato al calcio può
stupirsi per quello che ho detto», disse poi
nell’intervista al Mattino a Cobham il 6 settembre.
Perché bisognava respirare l’aria di sconforto e di
ingiustizia che si respirava in quell’albergo, quella sera,
dopo il ribaltamento di San Siro, il 3-2 con cui la Juve chiuse le
porte in faccia alla rimonta del Napoli. Per la delusione, i
giocatori non riuscirono neppure a commentare tra di loro quello a
cui avevano assistito. «Difficile da metabolizzare non tanto
la vittoria della Juve quanto il messaggio che arrivava da Milano
quella sera», racconteranno poi i collaboratori di Sarri. Ci
provarono la mattina seguente, poche ore prima della gara del
Franchi (si giocò alle 18, proprio come sabato) ma la
squadra non riuscì a reagire. E forse neppure Sarri
riuscì a scuotersi.

From: Il Mattino.

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