Un tempo a tirare, il primo, e uno, il secondo, per segnare un gol che non basta. In mezzo una marea di tentativi che Ivan Provedel annulla, o che Insigne e compagnia sperperano. Complici le assenze di Mertens e Osimhen, Gattuso sperimenta Lozano in mezzo, togliendogli la fascia dove pareva essersi ambientato, ma poi è costretto a tornare a Petagna per l’uscita forzata di Politano. Petagna segna pure, con una irruzione in area di piede e corpo, peso e furia, ma dopo il Napoli si spegne, stanchissimo per un tempo e mezzo di tentativi futili. Gattuso ci mette anche il carico con Llorente ormai trasformato in uomo della provvidenza e/o disperazione post dispersione di gol, ma inutilmente.
Il Napoli perde in casa per quanto possa contare il casa in uno stadio vuoto come con Sassuolo e Milan. Insomma, questa era una occasione per fare punti e gol, approfittando dell’Inter sconfitto, e se è vero che lo Spezia è stato preso a pallonate per un tempo, e che il Napoli poteva segnare molto, è verissimo che non l’ha fatto. È evidente che c’è un problema: una discontinuità pazzesca, una intermittenza da squadra senza direzione, incapace di chiudere le partite. A dispetto delle promesse e del veleno evocato come il vaccino Covid non si vedono estetismi e ci può stare ma che non si vedano i gol contro il piccolo Spezia è preoccupante.
Ai calciatori del Napoli sembra si sia ristretta la porta come diceva Osvaldo Soriano che da attaccante pure ebbe questi problemi in campo e sulla pagina, ma si ha l’impressione che non si cerchi il gol con quella convinzione richiesta a una squadra che in una stagione altalenante potrebbe avere la possibilità di lottare per lo scudetto. Invece, si accende e si spegne, zoppica, singhiozza, pareggia nei finali, vince ma non esalta persino quando fa quattro gol, e poi si ritrova ribaltata da una squadra detto con rispetto e soprattutto dopo la vittoria con affetto verso il calcio che amava Gianni Brera che lotta per non retrocedere. Una squadra ordinata e attendista, con molte concessioni e che ha chiuso anche in dieci uomini.
Perdere con lo Spezia significa consegnarsi al ritorno dei dubbi, alla speranza del prossimo ammicco di Zielinski che come da enunciato scompare in questa partita avendo segnato in quella precedente, e anche alla futilità di Insigne che spreca gol che normalmente farebbe senza guardare e non riesce a incidere come speriamo che accada sempre. Tutto questo per dire che nella partita a scacchi contro se stesso Gattuso sta perdendo. Il laboratorio Napoli che già andava così così, dietro senza Koulibaly sbarella molto, non prende tanti gol ma quelli giusti per perdere, e davanti s’è perso. Con lo Spezia ci doveva essere il festival del gol e una partita con la tentazione di chi far riposare, invece, dopo un tempo a sprecare palloni e gol, ci si è ritrovati nella condizione di chi spremere per pareggiare, non vincere, pareggiare.
Al netto delle assenze, questa è una partita di una ingenuità sassuolesca, dopo anni di ricerca il progetto Napoli dovrebbe avere delle certezze come l’aristocrazia delle stagioni precedenti, e chiudere queste partite in venti minuti, non arrancare fino al recupero per avere una frazione di speranza in più. Non vanno bioritmi e gestione del vantaggio, come non va la ricerca del gol. Manca un apparato concettuale chiaro, che a questo punto non sa che farsene della grinta. Sembra di sentir cantare Bruce Springsteen: un passo avanti e due indietro. Quando pare che il Napoli abbia raggiunto un seppure precario centro di gravità permanente: ritorna la sconfitta.