Il tecnico del Napoli era pronto a dare un premio ai suoi in caso di vittoria della Supercoppa con la Juve
A distanza di un anno, o poco più, Rino Gattuso sta vivendo una situazione molto simile a quella affrontata dal suo predecessore, amico e maestro Carlo Ancelotti: la ricerca di una medicina, di una soluzione utile a uscire fuori dal labirinto in cui si è cacciato il Napoli da ormai troppo tempo. Dalla sua c’è che lo spogliatoio non presenta le innumerevoli crepe e le frizioni interne che hanno caratterizzato in maniera decisiva l’epilogo dell’era di Carletto, e di certo gli azzurri non sono reduci da un ammutinamento, per carità, ma gradualmente qualcosa comincia a sfuggire di mano anche a lui. Ovvero: se prima era un plebiscito e tutti erano davvero compatti al fianco dell’allenatore, ora non è più così. Già: qualche mugugno comincia ad avvertirsi e qualche muso lungo appare all’orizzonte.
Nulla di irrecuperabile – il calcio e la vita di una squadra sono così – però è chiaro che ieri l’umore e il piglio di Rino il guerriero non sono apparsi dei migliori in occasione dell’allenamento andato in scena al centro sportivo di Castel Volturno in vista dei quarti di Coppa Italia con lo Spezia, in agenda giovedì. Anzi: la sconfitta e soprattutto il crollo di Verona hanno fatto male e seminato sconforto. Anche perché Gattuso sta provando ormai da tempo immemore a rianimare il gruppo e a creare incentivi. Anche di tasca propria: alla vigilia della sfida di Supercoppa con la Juve, ad esempio, aveva promesso un premio personale alla squadra in caso di vittoria. Le sta studiando tutte, davvero: ma la svolta non arriva, né tattica né caratteriale, e il tempo stringe.
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