Robert Visan, il talent scout che lo ha portato in Italia, racconta i primi anni di carriera del centrocampista della Roma: “Non aveva niente, per un anno lo abbiamo mantenuto economicamente, due grandi società non lo ritennero adatto per motivi che ora mi fanno ridere”
ROMA - Non ruba l’occhio, ma a centrocampo è sempre presente. E indispensabile. Amadou Diawara è arrivato alla Roma nell’operazione che ha portato Manolas al Napoli: ventuno milioni di euro per un giocatore che nella passata stagione, la prima di Ancelotti in azzurro, aveva totalizzato soltanto tredici presenze in campionato (otto da titolare), quattro in Europa League (tre partendo dalla panchina) e due in Coppa Italia. Complice il cambio di gioco di Ancelotti, ma soprattutto l’infortunio al piede destro che lo ha fermato per ben settantadue giorni. Lo scetticismo per l’operazione portata a termine da Petrachi è sparito con le prestazioni del guineano che ha risposto sempre presente sia in campionato che in Europa League. Numeri alla mano, Diawara è diventato il fulcro del gioco giallorosso.
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Brescia e Inter la sue prestazioni migliori: contro i nerazzurri ieri ha avuto il 100% di precisione nei passaggi lunghi, l’86% di precisione in tutti i passaggi, sei palle intercettate e cinque recuperate “Non mi sorprende, Amadou è un africano con i piedi da brasiliano”. Parola di Robert Visan, talent scout e agente che nel 2013 lo scoprì in Guinea e lo portò in Italia. Lo sbarco in Italia è stato complicato, Diawara era ancora minorenne e le rigide regole della Federazione sugli extracomunitari lo avevano fermato per un anno: “Quando il San Marino calcio lo prese si allenava, ma inizialmente non poteva giocare – racconta Visan al corrieredellosport.it -. È stato un anno di sacrifici, sia del ragazzo, ma non solo: io e il presidente del club lo abbiamo sostenuto economicamente perché credevamo fortemente in lui. Gli compravamo persino i biscotti per la colazione”.
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Diawara non poteva giocare partite ufficiali, ma anche soltanto in allenamento si intravedevano tutte le sue potenzialità. “In quel momento complicato per le questioni burocratiche gli abbiamo sempre dato fiducia, anche quando gli osservatori di due grandi club italiani lo andarono a visionare per poi scartarlo perché considerato ‘lento’. Ma non solo, uno dei talent scout disse che Amadou aveva una gamba più corta dell’altra! È una storia che ancora ricordo con i miei amici, e che continua a farci fare grandi risate”.
Sorride Visan ripensando a quei momenti di difficoltà, ma allo stesso tempo di realizzazione vista la scoperta di un grande talento africano, con le qualità sudamericane. “Ho cominciato a lavorare per cinque anni in Brasile, perciò quando mi sono spostato in Africa ho intravisto in lui un talento più raffinato, più sudamericano”. È stato subito un ‘colpo di fulmine’: “Era un ragazzo molto umile, con tanta voglia di lavorare. Impressionava la sua forza agonistica. Un giorno chiamai Pantaleo Corvino – quando ancora non era al Bologna – e gli dissi: ‘C’è un ragazzino nel San Marino che è incredibile…’. Portai Diawara per alcuni giorni nella scuola calcio di Corvino a Lecce (la prima e l’unica volta), e da lì partirono delle leggende che fu proprio lui a scoprirlo, ma non è vero. Corvino ha il merito di aver creduto nel ragazzo, portandolo poi al Bologna”.
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Nell’anno in Emilia Diawara ha mostrato tutte le sue qualità, conquistando subito l’allora tecnico Delio Rossi e un posto da titolare nella formazione rossoblù: “Nel ritiro estivo a Castelrotto Amadou si giocava il posto da titolare con Crisetig. Io lo seguivo ovunque, compresi gli allenamenti, e per stimolarlo gli dicevo: “Crisetig è troppo forte, sarà dura competere con lui…”. Qui ho scoperto anche la forza caratteriale di Diawara, che mi ha risposto immediatamente: “Roby, io sono più forte”. La sua personalità era fuori da ogni logica”.
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Un anno al Bologna, poi il passaggio al Napoli e un rendimento in crescita fino alla tormentata passata stagione: “Sono molto felice del suo percorso – ammette Visan -. Professionalmente mi sento in parte partecipe della sua crescita. Lo ha aiutato anche Delio Rossi che gli ha insegnato tantissimo, soprattutto sulla tecnica”. Una storia, quella tra Diawara e Visan, interrotta bruscamente da questioni legali, ma il talent scout che lo ha scoperto spera un giorno di riceve il giusto riconoscimento: “Anche se le nostre strade si sono separate sono contento per lui e gli auguro tutto il bene del mondo. Mi auguro che un giorno possa ringraziarmi, sono ancora in attesa di un suo messaggio o di una telefonata… Penso di meritarmi almeno un grazie”. Mai dire mai: ora che ha ritrovato la grandezza in campo, Amadou potrà ricordare anche chi lo ha aiutato a crescere e a diventare il giocatore che tutti stanno ammirando.