Mario Rui dopo aver colonizzato, ad uso portoghese, vaste aree di campo del Milan, trova anche il cross perfetto per la testa di Giovanni Simeone che regala al Napoli una stravittoria. Il vice-Osimhen si sta rivelando fondamentale per i finali della squadra di Spalletti: strappa, apre, verticalizza e ora segna un gol che zittisce San Siro, tornato uno stadio autoritario, pieno di gente e di canti offensivi. È un lancio immenso quello di Mario Rui che trova un tempo perfetto di incrocio da parte di Simeone che, con esattezza geometrica, prende il tempo a Tomori e colpisce di testa: palla alla sinistra di Maignan. Due a uno per il Napoli. Entrato a un quarto d’ora del secondo tempo, Simeone, non si fa influenzare dal clima oppressivo né avvolgere dal gioco ampio e fisico del Milan, subito lotta, si mette nel mezzo e prova a scavare spazi, cercare palle, aspettando la giusta occasione, che arriva quando la squadra di Pioli aveva trovato il pareggio e sembrava dover tagliare il campo in fette di torta, ma è Simeone che ribalta il progetto.
Chi ha visto la docuserie su suo padre Diego, Simeone. Vivere Partita dopo Partita, allenatore dell’Atletico Madrid, e quindi ha sentito il nonno, e il clima argentino che ha allevato il ragazzo, sa quale è l’albero sotto il quale è cresciuto, e quanta cura e disciplina e determinazione gli siano state date. Il resto si vede in campo: va su ogni palla, pressa, entra in tackle per provare a strapparla, e si fa trovare in area al momento giusto, come accaduto anche nelle partite di Champions League. Le sue missioni in attacco vengono portate a termine senza fronzoli, Simeone non tergiversa mai, Simeone sa che un attaccante deve fare gol o farlo fare ai compagni, quindi ha un pragmatismo che potremmo dire simeoniano, per chi ricorda il padre quando giocava. Freddo, efficace, al limite dello spazio, pronto a provarci. E il bello è che ha sempre il sorriso, anche quando non segna, appartiene agli spensierati, non è un attaccante cupo, ma uno che si diverte, e divertendosi, però, non molla l’obiettivo di fare gol. Quello al Milan è di grande scuola, perché richiede il sentire a orecchio la ferita che il cross di Mario Rui aprirà nella difesa milanista, uno spazio di pochi secondi per colpirla prima di Tomori, e insieme quello per colpire la palla in modo da angolarla il più possibile in modo che finisca lontanissima dalle mani di Maignan, il resto è un sorriso più grande di quello di Jim Carrey in The Mask.
Vola alto sulle teste, volta alto sulla difesa di Pioli, vola alto sui desideri di San Siro, e con gol così si resta anche in alto nel gioco. È un gol che si porterà dietro a lungo, anche se deve dimenticarlo e pensare a farne altri. Il gol di Simeone è stato il canto estremo di un Napoli che ha saputo resistere agli attacchi del Milan, e capitalizzare al meglio le sue discese, una partita da grande squadra. È un attaccante antico e per questo selvaggio, uno che fa sentire ancora la bellezza dei campi argentini, che si porta dietro la lotta per emergere e superare l’ombra paterna, capace di aspettare in panchina e sopportare i sottoscala del calcio, per questo in campo sembra zen. Un votato al sacrificio, impuro nel palleggio, ma pronto al gol mentre le partite sembrano tramontare verso il pareggio. Ha la vera forza degli attaccanti: scrivere il loro nome sui muri appena verniciati e immacolati, pronti ad asciugare con la benedizione di chi li ha costruiti. Non ha rendite, solo una gran voglia di segnare quando taglia netto l’area di rigore.