Nel nome del padre. E chi se non il Cholito, figlio del Cholo, dunque con un bel po’ di sangue interista che scorre nelle vene, poteva decidere la gara di San Siro contro il Milan? Il sangue e la genetica devono per forza essere arrivati in soccorso dell’argentino quando dopo appena 11 minuti in campo, va incontro alla palla dopo averla difesa a lungo al limite dell’area e poi smistata per Mario Rui (ma che cross) e poi di testa metterla in rete. Proprio come avrebbe fatto il papà Diego, che a Madrid invece, negli stessi attimi perdeva il derby con il Real Madrid. Giovanni Pablo Simeone ha un eterno sorrisetto sul volto. E che non può non accompagnarlo in questa notte da urlo. «Il mio gol? Mario Rui ha trovato quel movimento, c’è tanta qualità in questo Napoli e quando pensi che si possa fare una cosa qui, alla fine si può fare sempre. Lui lo ha capito, gli era chiaro tutto. Sono molto contento e dedico il gol al padre di mia moglie che non sta tanto bene ed è giusto che il mio pensiero vada a lui». Giovanni Simeone sta vivendo una piccola favola: il primo gol in Champions otto giorni fa, il rigore conquistato a Glasgow e adesso la prima rete del campionato. Peccato solo per l’Argentina, che non lo ha convocato. Il Mondiale è lontano, ma lui pare non pensare. È l’uomo del match. «Il mio incoraggiamento a Politano dalla panchina? Mi viene spontaneo, vivo così il calcio, siamo così in famiglia, sono cose che mi ha insegnato mio padre. Bisogna dare tutto in ogni partita, bisogna lasciare ogni cosa in campo, come abbiamo fatto con il Milan. Non siamo solo qualità: queste partite ti danno la carica e ti viene da pensare che questa squadra non ha solo buoni calciatori. È una vittoria fatta di sforzo, cuore, sacrificio e ha voglia di vincere».
I gol li ha sempre fatti, a Verona lo scorso anno ne ha fatti 17. Sta nascendo una specie di staffetta tra lui e Raspadori. «Lui è un bravissimo ragazzo, da quando è arrivato abbiamo un grandissimo rapporto. È una grande persona oltre che un campione. Il mister decide che tipo di calciatore mettere in campo a seconda del tipo di avversario: noi siamo diversi come stili di gioco, ma saremo sempre a disposizione del mister. Le partite sono tutte differenti, vanno capite. E noi siamo qui a disposizione». Una partita giocata con lotta e coraggio. E decisa dalla terza scelta in attacco del Napoli: perché non c’era Osimhen ed era appena uscito anche Raspadori, il falso nove che però ha vagato sul campo in cerca di se stesso. Ma in fondo è quello che vuole Spalletti: dare il massimo nei minuti in cui uno deve andare in campo. I campioni d’Italia sono stati sconfitti: una grande trionfo del Napoli. Ma Simeone sorride ma prova a smorzare l’entusiasmo. Anche se lui così in alto non c’è mai stato da quando è in Italia: «Viviamo ogni giorno con voglia di migliorare e di crescere. Siamo giovani con voglia di dare tutto, è l’unica cosa a cui pensiamo sempre. Non possiamo guardare oltre. Quello che il gruppo vuole è migliorare e crescere ogni giorno». Sembra la lezione di Spalletti che Simeone ha mandato a memoria. Ma il papà Diego gli ha sempre insegnato questo: rispetta e ascolta il tuo allenatore. E Luciano questo spiega.
Non deve essere facile essere il figlio del Cholo. Un po’ come portare il padre Anchise sulle spalle. Nel nome del padre, si prova a cercare l’altro in ogni tuo gesto. Infatti a Milano in tanti hanno rivisto il colpo di testa del suo papà ai tempi felici dell’Inter. Giovanni è il Cholito, c’è poco da fare. Sarà sempre il figlio di. Non è un male. D’altronde quando è arrivato a Napoli, alla domanda ha risposto chiaramente: «Il mio papà mi ha mandato un messaggio molto bello, che mi ricordo. La prima cosa che mi ha detto è che tutti gli argentini, da piccoli, guardavano il Napoli di Maradona. Accendevano la tv e guardavano le partite del Napoli. Ogni calciatore giovane in Argentina aveva il sogno di giocare nel Napoli di Maradona, quindi per me è una cosa bellissima sentire il mio papà che mi dice questo. Essere qua è un sogno». Figurarsi cosa ha provato a sentire le urla dei 50mila dopo il gol al Maradona contro il Liverpool. «Per noi argentini è normale, ma che un popolo così grande, così importante, lo tenga ancora tanto in considerazione è emozionante, così com’è stato emozionante segnare nello stadio che porta il suo nome in una partita contro una squadra forte come il Liverpool». A Milano, Maradona non ha mai avuto grande fortuna: nel senso, che la sua stella in campionato non ha mai brillato così spesso. Cholito, il figlio del Cholo, si è tolto la gioia del gol al Milan. I rivali del papà. Altro che complesso di Edipo.