Poniamoci il problema, forse la stagione è finita». Damiano Tommasi in tarda serata, a poche ore dall’incontro con la Lega Calcio per affrontare del taglio degli stipendi, dà forse il colpo di grazia ai sognatori che auspicano la ripresa del campionato in estate anche come simbolo del ritorno alla normalità. Il ministro Spadafora ha confermato quello che già si immaginava, ovvero che il 3 maggio la serie A resterà ferma: «È ipotesi irrealistica tornare a giocare quel giorno». E ha aggiunto anche che per tutto aprile le squadre non si alleneranno. E così, il numero uno del sindacato calciatori ha tolto il velo ai suoi dubbi. «Sul tavolo abbiamo un elemento in più rispetto alle scorse settimane, dopo le parole del ministro Spadafora la preoccupazione che si chiudano qui i campionati c’è. Quindi bisogna porsi il problema della chiusura della stagione da un punto di vista sportivo, dei contratti, insomma formale». La Lega, si sa, al solito è spaccate in anime: da una parte Napoli, Lazio, Milan e Atalanta che spingono per una ripartenza, anche a giugno, anche a costo di finire a fine luglio. Poi ci sono la Juventus e l’Inter, il Brescia e la Sampdoria che ritengono che sia il momento del game over. Dunque, non solo gli stipendi: oggi anche il tema dello stop definitivo al campionato potrebbe essere affrontato. Vedremo. Intanto ai calciatori oggi Paolo Dal Pino presenterà il conto della crisi. Dopo che la Juve ha raggiunto l’intesa con i suoi calciatori per la rinuncia alle prossime quattro mensilità. «L’accordo raggiunto dalla Juventus è un esempio per tutto il sistema». Gabriele Gravina non usa mezze misure commentando l’esito favorevole della trattativa.
Dal Pino, il presidente delle Lega Calcio, dirà forte e chiaro che i club non intendono pagare non solo la mensilità di marzo, ma anche quelle di aprile, maggio e giugno. È necessaria, una sospensione degli emolumenti, «sine die». Gli scenari sono due: quello della ripresa a porte chiuse porta a una perdita di 177 milioni mentre la mancata ripartenza porta a una perdita di 313 milioni. Per Tommasi, bisogna capire quale è lo scenario anche se adesso è lui uno dei più pessimisti sulla possibile ripresa. Per i club non ce ne sta bisogno: in entrambi i casi, saranno i calciatori a dover fare il sacrificio maggiore. Anche perché l’idea che il campionato possa ripartire si fa sempre più complicata. Anche alla luce delle parole di Tommasi.
I club non hanno gradito certe affermazioni del ministro («Aiuteremo lo sport, che non è solo il calcio, come il calcio non è solo la Serie A») e in serata Dal Pino ha replicato dopo aver registrato i malumori di molti presidenti: «La Serie A ha un ruolo di locomotiva del comparto, generando un indotto di 8 miliardi a beneficio dell’intera piramide calcistica. Non è il momento di fare polemiche e demagogia. Non serve aggiungere altro per evidenziare il ruolo della Lega Serie A a sostegno del calcio di base e indirettamente di tutto lo sport italiano». Una frenata per la ripresa arriva anche dal presidente degli arbitri, Nicchi: «Pronti a riaccendere il motore ma certo non possiamo mandare gli arbitri allo sbaraglio a rischiare la vita».
Per gli stipendi si attende l’accordo Aic-Lega: De Laurentiis spinge per il congelamento del 30 per cento degli ingaggi, ma nessuna trattativa diretta Napoli-calciatori azzurri, prima delle indicazioni del sindacato calciatori. In ogni caso, i legali dei giocatori hanno dato indicazioni precise: il taglio è legittimo. Piuttosto resta da capire, in caso di stop agli allenamenti, cosa faranno i calciatori: il club invita a non andare via da Napoli, ma senza stipendio e senza doversi allenare almeno fino a maggio qualcuno potrebbe anche decidere di far ritorno nel proprio Paese. Situazione da monitorare.