Il capitano azzurro: «Ogni anno siamo qui a fare certi discorsi: ci siamo scocciati. Meritiamo un trofeo perché valiamo»
ZURIGO – Era tutto scritto nei quaderni che con i libri fungevano da pali: c’era dentro un sogno, ma mica si poteva sapere all’epoca che sarebbe bastato aspettare una ventina d’anni per scorirlo finalmente realizzato. «Io sono napoletano, tifoso del Napoli e orgoglioso adesso di andare in giro per l’Europa con la fascia al braccio». Gli scugnizzi sono fatti così, non mentono mai, semmai omettono: e quando sull’asfalto di Frattamaggiore, rotolandosi su se stesso, Insigne dovette decidere cosa fare da grande, s’era tracciato un percorso e pure un orizzonte. «Essere il capitano del Napoli. E non solo». E’ stato un viaggio lungo e faticoso, ma mica finisce qua, perché alle sette della sera di un mercoledì apparentemente normale, riecco emergere l’altra metà di quel romanzone scritto di pugno suo o forse no, semplicemente declamato sin da quando se ne stava in culla: «Adesso vogliamo qualcosa. Ogni anno stiamo qua a dirci: vinciamo, vinciamo, vinciamo e ormai sono troppe stagioni che non riusciamo a prenderci un trofeo. Sento che questa è la volta buona: lo meritiamo tutti, perché siamo persone perbene, ragazzi che ci mettono il cuore e che lo meritebbero per il calcio che abbiamo espresso e che stiamo mostrando».
From: Corriere Dello Sport.