Il difensore del Napoli si racconta al Corriere dello Sport: «So già che piangerò quando andrò via. E Ancelotti ci dà di più, lui vuole vincere»
«Sono nato in Francia a Saint-Diédes-Vosges da genitori senegalesi che sono venuti in Europa per lavoro. Mio padre lavorava il legno, andava nei boschi a tagliare gli alberi. Mia mamma invece era cameriera. Sono nato là, insieme a tre fratelli e una sorella. Da bambino ho cominciato a giocare a calcio, avevo penso quattro o cinque anni, con i miei coetanei che abitavano vicino a casa mia. E visto che Saint-Diédes-Vosges è una città che accoglie molti stranieri io giocavo tanto con altri senegalesi, arabi del nord, turchi, avevamo tutti un modo di giocare diverso e ho iniziato a giocare a calcio in questo ambiente. E così ho imparato molto. Come si impara dalle diversità, che sono sempre una ricchezza». […]
Quando era bambino per che squadra tifava?
«Questa è una domanda difficile, avevo tante squadre che mi piacevano. Io sono cresciuto nel Metz, nel quale c’erano molti giocatori senegalesi, quindi io tifavo per loro. Ho avuto la fortuna di giocare là, quindi sono un grande tifoso del Metz in Francia. Ma mi piaceva anche il Marsiglia perché quando ero piccolo vinse la Champions League e mi entrò nel cuore».
Mi racconta come è stata la sua prima impressione quando è arrivato a Napoli?
«Io già a gennaio 2014, quando Benitez mi ha chiamato, mi ero messo in testa di arrivare a Napoli. Poi il trasferimento non si è concluso ed ero molto dispiaciuto, perché pensavo che sei mesi dopo il mister Benitez avrebbe scelto qualcun altro. Invece lui a maggio è venuto da me e mi ha detto “Vieni che devi firmare a Napoli perché io ti voglio assolutamente con noi”. Ha visto qualcosa che nessuno aveva visto in me e di questo lo ringrazio molto perché è grazie a lui che sono arrivato a Napoli. La gente mi diceva, come dappertutto, che Napoli è pericolosa e tutte queste storie… Ma un mio amico che giocava nel Genk mi ha spinto: “Là si gioca la Champions, si gioca il calcio vero ed è una squadra per te”. Quando ho detto alla mia famiglia e agli amici che volevo giocare al Napoli, subito mi hanno detto che erano d’accordo e questo per me è stato importante. Quando ho messo per la prima volta la maglia del Napoli, per un’amichevole, ero molto contento. Sentivo orgoglio perché il lavoro, tanto e duro, che avevo fatto fino a quel momento ripagava. Ma ora sono io a sentire di dover ripagare la fortuna di esser qui con un impegno straordinario sul campo».
E la città che impressione le ha fatto?
«Io sono di un piccolo paese, in Francia, quindi per me era la prima volta che andavo in una grande città. Napoli è bellissima. Qua c’è il sole, c’è il mare, la gente ti accoglie con grande piacere. Vivono il calcio con passione, quasi come una febbre. Mi hanno accolto da subito. Quando dico che sono napoletano la gente ride, ma io mi sento veramente così perché quando sono arrivato fin dall’inizio mi hanno trattato benissimo e io di questo mi ricorderò sempre. Hanno anche convinto mia mamma che è una persona molto difficile da questo punto di vista. A lei non piace andare fuori, quando è arrivata in Francia aveva un po’ di difficoltà, poi si è abituata. Quando è venuta a Napoli mi ha detto che si sentiva benissimo, doveva rimanere due giorni e alla fine è rimasta due settimane. Si vedeva che lei si sentiva benissimo e quando i miei genitori, la mia famiglia stanno bene da qualche parte, allora mi sento bene anche io».
From: Corriere Dello Sport.